In questo testo vi racconterò l’avventurosa vita della mia bisnonna Gisela nata a Berlino, ma destinata a trasferirsi a Napoli per amore. Il titolo “Oma” è il vezzeggiativo di nonna in tedesco e ho intitolato il testo in questo modo perché Gisela veniva sempre chiamata così da tutta la famiglia.

Gisela Hassert nacque a Berlino, il 27 maggio 1923, in una famiglia benestante: infatti Ursula von Hewald, sua madre, era baronessa e aveva un grandissimo patrimonio ereditato da suo padre, tra cui la villa dove vivevano a Liebenwalde, e Carl Mauritz Hassert, il padre, era un importantissimo giudice. Già da questo bel ritratto si intuisce l’alto rango della famiglia. La bambina guarda fisso nella macchina e indossa un vestitino molto particolare: si possono notare i volant sulle maniche a pois e il fiorellino di stoffa sul fianco sinistro. Dietro la bimba si intravede un cuscino molto decorato e sotto una coperta che sembra una pregiata pelliccia. Ci sono due elementi che trovo molto teneri, due giocattoli in legno: una bambola distesa alla destra di Gisela e un coniglietto molto realistico che si trova alla sua sinistra, davanti alla mano. Questi due giochi sembrano pronti all’uso, come se l’immagine fosse stata catturata dal fotografo cogliendo l’attimo.


Gisela aveva una gemella, Erika e due fratelli, Ghunter e Renate. Ghunter era il fratello maggiore, nato pochi anni prima delle due gemelle; entrambi i parti avvennero in una clinica anziché in casa, cosa molto moderna per quell’epoca, ma sopratutto un lusso che si poteva permettere solo una baronessa. Renate, quarta e ultima figlia nata con 5/6 anni di differenza dalle gemelle morì alla giovanissima età di otto anni per una terribile malattia che purtroppo non si riuscì a curare; infatti è presente in pochissime delle foto scattate ai bambini probabilmente per cancellare l’amaro ricordo della sua morte.
La Germania attraversava un periodo di grande complessità che dal 1919 al 1933 vide la realizzazione, nonostante le gravi conseguenze della Prima Guerra Mondiale, della Repubblica di Weimar, tentativo di dare un nuovo ordinamento democratico e socialista al paese. Fu un momento di ricchezza culturale e artistica, ma anche di grandi conflitti. Questa conflittualità insieme alla crisi economica del 1929 preparò l’ascesa al potere di Hitler e la svolta verso il nazionalsocialismo. Un video di Rai storia, abbastanza complesso, è dedicato alla repubblica di Weimar.
Questo video invece è dedicato alla grande crisi del 1929 che colpì soprattutto la classe media della popolazione. Infatti in casa di Gisele il benessere, come testimoniato dalle foto, continuava a regnare.


Guardando negli album di famiglia ho potuto notare che sono presenti tantissime foto scattate ai bambini mentre giocavano nel giardino di casa, questo perché la baronessa Ursula era una donna che si dedicava molto all’arte e si interessò anche alla fotografia; per questo motivo acquistò una macchina fotografica e devo riconoscere che era davvero un’ottima fotografa!
Nella prima foto ci sono Ghunter e Gisela che si fanno il bagno in una tinozza di legno, proprio sotto alla fontana, che presumo si azionasse a mano; dietro di loro c’è una sediolina capovolta probabilmente da loro due prima di entrare nella tinozza. I soggetti della seconda foto sono Gisela e Erika che si abbracciano teneramente. Non sono riuscita a capire l’occasione in cui sia stata scattata questa foto poiché entrambe sono vestite con una sorta di grembiulino bianco che potrebbe far pensare stessero andando a scuola. ma indossano anche delle coroncine di fiori, quindi , sapendo che la madre era un’artista posso immaginare che avevano appena svolto un’attività artistica con uno dei tanti ospiti che frequentavano la loro casa. Tutti i figli di Ursula, infatti, ricevevano un’educazione molto ricca e, pur andando a scuola, facevano attività di tutti i tipi soprattutto a casa. Gisela molto spesso ci raccontava che la sera, prima di metterli a letto, c’era sempre qualcuno che raccontava loro una breve storia in più lingue.

Pur essendo molto impegnata in attività artistiche per sé e per i figli, Ursula non dedicava loro molto tempo nella quotidianità; infatti Gisela passava la maggior parte del suo tempo con la famiglia Schnell che era la famiglia del medico che aveva fatto nascere lei e i suoi fratelli. I signori Schnell si affezionarono moltissimo a Gisela e poiché non riuscivano ad avere propri figli, lei diventò come una figlia per loro. Dopo un po’ di anni ebbero anche loro due figli, Else ed Elmut, che morì in un bombardamento mentre era a scuola. Else era molto gelosa di Gisela poiché era rimasta la “preferita” dei signori Schnell pur non essendo una loro figlia naturale.


Qualche anno prima che la seconda guerra mondiale scoppiasse, Ursula si separò da Carl Mauritz per le idee contrastanti che avevano sul nazismo: lui essendo un giudice molto importante era profondamente coinvolto nel regime e lei era contraria alle sue idee, così fece un atto di grande coraggio e decise di separarsi da lui. La solarità del ritratto di Ursula, sebbene degli anni ’50, contrasta con il piano americano cupo di Carl in divisa.

Intanto Gisela, che aveva allora quasi vent’anni, studiava in una scuola di economia domestica a Oberlahnstein, in provincia di Koblenz (dove viveva la famiglia Schnell). Questo le fu molto utile quando venne in italia per trovare un lavoro.
Nel periodo della guerra Gisela continuò a frequentare la scuola poiché, non essendo ebrea e vivendo in un piccolo centro, non riscontrò molti problemi. Solo negli ultimi anni della guerra, Oma ci raccontò che per un certo periodo fu costretta a mangiare bucce di patate, quindi probabilmente ci furono più problemi. Verso la fine della guerra i russi presero tutte le proprietà di Ursula che, terminato il conflitto, decise comunque di restare in Germania, mentre Gisela raggiunse sua sorella e suo fratello in Italia. Erika era già in Italia poiché il suo compagno viveva lì e Ghunter l’aveva raggiunta. Gisela rimase a Milano dove trovò una famiglia per cui lavorare e lì nel 1953 conobbe Filippo Rinaldi, suo futuro marito. Filippo era di Napoli ma si trovava a Milano per lavoro: faceva il rappresentante di profumi per la società Sigismondo Jonasson. Nella foto che segue li vediamo ritratti sullo sfondo di un panorama napoletano, mentre si scambiano un intenso sguardo e nella successiva si baciano!


Filippo e Gisela vennero a Napoli e si sposarono il 21 aprile del 1955; quando decisero di sposarsi ci fu qualche problema poiché Oma era luterana e Filippo cattolico e non era possibile celebrare un matrimonio misto. Allora Filippo, uomo molto flessibile, propose di convertirsi, ma la cosa non venne accettata. Alla fine, vedendo la buona volontà dei due innamorati e la loro motivazione a sposarsi, il matrimonio fu celebrato.
Le foto che ho inserito qui le trovo molto belle poiché sono molto spontanee e riescono a trasmettere la felicità e l’intensità del loro legame. Da questo matrimonio nacquero tre figli Petra, Christian e Andrea.
Petra Rinaldi e Filippo Rinaldi, Sorrento 1962 Da sinistra Filippo Rinaldi, Andrea Rinaldi, Gisela Hassert, Svizzera 1966 Christian Rinaldi e Filippo Rinaldi; 1957; Napoli
Petra, mia nonna, prima dei trefratelli, nacque il 15 gennaio 1956; un anno dopo nacque mio zio Christian e Andrea nel 1959. Gisela, quando ebbe Petra, andò in Germania, non da sua madre, ma dalla signora Schnell e questo dimostra quanto il rapporto tra madre e figlia fosse rimasto distaccato.
Due, forse tre cose mi colpiscono in modo particolare: pensare alla storia di una famiglia “ariana” qualunque, anche se molto benestante e in parte nobile, durante il nazismo, il cui orrore naturalmente non compare in queste immagini, ma nelle memorie trasmesse alla bambina che scrive; nella memoria trasmessa c’è anche il cenno alla separazione dei bisnonni perché la donna in particolare ha rifiutato il nazismo; l’epica vicenda che porta la nonna Gisela dalla Germania all’Italia della fine della guerra, durante la ricostruzione, a Napoli, dalle tenebre alla solarità, sebbene nelle due fotografie che mostrano i due fidanzati sul lungomare si intravede nella seconda una parte del muretto distrutta, forse da un bombardamento? Loro sono felici e davvero sembrano spontanei, pur nella messa in scena, davvero non nascondono questa gioia, anzi…
Infine, mi colpisce la bellezza in effetti delle fotografie della bisnonna, fotografa amatoriale, e si vede,si percepisce questo suo amore. Il modo di ritrarre i figli mi ricorda lo stile della fotografa inglese Julia Margaret Cameron (Calcutta, 11 giugno 1815 – Ceylon, 26 gennaio 1879), la cui biografia segnalo per le vicende che, nel corso dell’Ottocento, la riguardarono.
https://www.vanillamagazine.it/julia-margaret-cameron-la-piu-grande-fotografa-ritrattista-di-epoca-vittoriana/.
Grazie Vera per aver condiviso e reso pubblico questo racconto e queste storie… certamente il non detto, il non raccontato, il non rappresentato, come sempre, ci attraggono, ci fanno pensare, immaginare, ci suscitano una sorta di nostalgia per quanto di invisibile, ma di concreto, sentiamo che ci sia ancora da narrare. 🙂
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Quando viene raccontata una storia, come quella di Gisela (OMA), la bisnonna di Vera Ippolito, che copre un periodo di grandi sconvolgimenti europei, non si può fare a meno di considerare certi aspetti di vita che nel caso della piccola e bellissima gemellina, contrastano in modo abnorme con le condizioni di vita del popolo tedesco in quegli anni. Dalle interessantissime fotografie, descritte ottimamente nei dettagli, si vede l’agiatezza della nobile famiglia, che poi avrà i suoi risvolti con l’avvento del nazismo e della guerra, ma questa agiatezza… lo dico a Vera, faceva a pugni con una situazione economica disastrosa. Nel 1923 l’inflazione in Germania, a causa delle restrizioni del Trattato di Versailles, era alle stelle. Un uovo costava 320 miliardi di marchi, un litro di latte 360 miliardi, e mezzo kg di burro (se lo trovavi) lo pagavi 2.800 miliardi. Il cambio era di un milione di marchi per un dollaro, e se mandavi una lettera dovevi mettere un francobollo da 5 milioni di marchi. Ecco… è questa sproporzione tra il vivere quotidiano di una famiglia benestante e un povero salariato che ti fa capire, cara Vera, come tua bisnonna sia stata (meritatamente) fortunata… Il tuo bel racconto è frutto delle tue ricerche e ti fa onore ma devi anche sapere che il contesto storico in cui ha vissuto era uno dei più tremendi vissuti dal popolo tedesco in quegli anni.
Il mio commento aggiuntivo è solo per arricchire la tua ricerca, per il resto hai fatto un ottimo lavoro.
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