GIOCARE, GENERAZIONI A CONFRONTO…di Sofia Victoria Esposito 1^ A

   In questa foto è rappresentato mio nonno paterno, Giuseppe Esposito, detto “Peppe”.               

                                            

Se lui fosse qua con me sarebbe stato molto più semplice descrivere questa foto, ma purtroppo è volato via prima che io nascessi, ma ciò che scrivo mi è stato raccontato da mia nonna.                     

Questa foto ricorda un giorno in cui mio nonno aveva 13/14 anni ed era andato al bosco di Capodimonte in gita con i suoi amici.  

Tutti avevano portato le biciclette, mentre lui aveva portato la chitarra che aveva comprato con le paghette settimanali che aveva dai miei bisnonni, Raffaele Esposito e Adele Cortese. La sua passione per la musica non si è fermata alla chitarra, ma in seguito suonava anche la fisarmonica e il pianoforte quest’ultimo si trova ancora a casa di mia nonna. 

Nello sfondo troviamo I viali del bosco di Capodimonte, noto bosco della Campania. 

Non si sa precisamente la data in cui è stata scattata questa foto, ma date le condizioni di essa, credo che sia stata scattata qualche anno prima degli anni ’60. 

Nella foto che segue c’è mio padre, Luigi Esposito, ritratto nel 1978, quando aveva 4 anni. È stata scattata da mio nonno Giuseppe quando si trovavano in vacanza a Terracina, dove avevano fittato una casa per 2 mesi. Mio padre da piccolo amante specialmente delle navi, tanto che all’età di 18 anni partì come servizio di leva nella Marina militare. Nello sfondo troviamo la spiaggia di Terracina . Mio padre ha ancora una grande passione per le barche, ma visto che non ha molto tempo per prendere la patente nautica d’estate prendiamo in affitto un gommone ,su cui vi andiamo ogni domenica da maggio a settembre. Anch’io ho una grande passione per le barche e credo che mi sia stata trasmessa negli ultimi anni da lui. 

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MAMMA, ZIO RUSIK E LA NEVE

Nelle 2 foto che seguono sono rappresentati mia mamma, Mariya Parasunko, e, successivamente, suo fratello, mio zio, Ruslan Parasunko. 

Queste foto sono state scattate da mia nonna, Svitlana Parasunko, nel 1989, quando mamma aveva 2 anni e mio zio 4 anni, mentre giocavano con la neve.  Quell’inverno era speciale: era arrivata la mia bisnonna che viveva lontano, Olga Parasunko. Se vi state chiedendo perché nella mia famiglia Ucraina tutti hanno lo stesso cognome, è perché secondo la legge Ucraina, le donne dopo essersi sposate, prendono il cognome del marito, così la mia bisnonna Olga Pshenychuk che ha sposato il mio bisnonno Petró Parasunko, ha praticamente “cambiato” cognome ed è diventata anche lei una Parasunko. Ritorniamo alla foto: a mia mamma e a mio zio piaceva tanto giocare con la neve, e d’inverno in Ucraina, in quegli anni, le temperature arrivavano addirittura ai -30°c, ma i bambini comunque uscivano per giocare. Quel giorno fecero un bellissimo pupazzo di neve, che viste le temperature rigide, è rimasto fino alla primavera.  Loro ancora oggi vorrebbero che qui a Napoli nevicasse, per ricordare il loro passato nella bellissima Leopoli, Lviv. 

IL GIOCO…DI GENERAZIONE IN GENERAZIONE di Sebastiano De Rosa 1^ A

In passato il divertimento si riusciva ad ottenere con poco , ogni cosa veniva trasformata dai bambini in gioco. Tutto ciò per i bambini di oggi non accade più. Al tempo dei nonni o anche durante l’infanzia dei miei genitori si riusciva a giocare con poco … persino con un mappamondo! Purtroppo oggi con tutta questa tecnologia i bambini sono rapiti dalla tecnologia

IL GIOCO A CASA DI PAPA’

In questa foto è rappresentato mio padre Francesco Paolo mentre gioca con un mappamondo. Mia nonna mi ha raccontato che mio padre e i miei zii si divertivano molto a giocare con la fantasia infatti giocavano sempre con un mappamondo facendolo girare molto velocemente immaginando di visitare luoghi lontani e diversi.

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Questo mappamondo era uno dei giochi preferiti di mio padre ma di certo non l’unico. Mia nonna mi ha raccontato che avevano la casa piena di giocattoli tra cui alcuni ancora conservati. Ad esempio un altro gioco che mio padre adorava era,ovviamente, un pallone. Mia nonna mi ha raccontato che mio padre passava le giornate intere sul balcone a giocare a calcio con i miei zii.

Il cavalluccio a dondolo di Sergio Cuomo della classe 1^ A

Negli anni 60’, tra i giochi preferiti dei bambini c’era quello con il cavalluccio a dondolo. Come si vede nella foto il cavalluccio a dondolo, fatto di legno, aveva delle ruote che permettevano ai genitori di tirare con la fune il cavalluccio per portare in giro il bambino seduto su di esso. Inoltre il bambino poteva dondolarsi. I bambini amavano molto questo gioco perché a quell’epoca veniva ancora usato il cavallo per i trasporti, le carrozzelle per le gite turistiche sulla via Caracciolo e i carri che trasportavano ortaggi e frutta.

Mio nonno materno Francesco all’età di circa quattro anni, rappresentato nella foto (A) scattata nel giardino della casa di Giugliano dove era nato, mi racconta che si sentiva grande quando giocava ed immaginava, mentre veniva tirato, di portare una di quelle carrozzelle trainate dai cavalli che vedeva passeggiare sul lungomare di Napoli. Ricorda ancora che quella foto gli fu scattata da un fotografo che il papà, il mio bisnonno di nome Giuliano, aveva chiamato per l’occasione. Le foto erano dei veri e propri  ritratti fatti in bianco e in nero perché non esisteva ancora il colore e lo sviluppo della foto era un processo possibile solo ai fotografi professionisti. Vediamo infatti mio nonno e il cavalluccio a dondolo messi in risalto, essendo la parte principale che doveva essere rappresentata e tutti gli altri campi della foto appena visibili. Si nota inoltre il contrasto tra mio nonno sul cavalluccio e il panorama circostante, sembra quasi che una luce che illumini mio nonno ed il cavalluccio mentre lo sfondo è in penombra, tutto ciò per esaltare ciò che la foto doveva rappresentar, e la foto è fatta con inquadratura frontale. Un vero lavoro artistico fatto da fotografi professionisti. 

Questa foto rappresenta mia nonna paterna Anna all’età di cinque o sei anni nella casa di sua nonna, la mia bisbis nonna, che viveva ad Avellino. La foto è stata scattata probabilmente da suo zio, fratello della mamma, che viveva ancora a casa della nonna. La piccola Anna è seduta su uno primi  divanetti che si trasformavano in  un letto, anche detto “ divano letto”.  Mia nonna mi ha raccontato che le piaceva un sacco , da piccola, andare a trovare sua nonna ad Avellino e dormire ,da sola, in quella stanzetta ,sul divano letto , che la nonna aveva destinato proprio a lei. È ritratta con un vestito a quadrettoni ,  come si portavano all’ora , e ai piedi indossava delle polacchine di colore chiaro. È pettinata con due codini ai lati della testa legati con nastrini probabilmente rosa. La sua pettinatura ai giorni d’oggi , come il suo vestito, risulterebbe non usuale, ma all’epoca per  le bambine si usava così. Guardando attentamente la foto si possono notare gli occhi un po’ strabici che non sono come gli occhi di mia nonna adesso. Mi ha raccontato che era appena uscita da una malattia: la pertosse che le aveva procurato quello strabismo temporaneo. In mano ha una bambola dell’epoca fatta di celluloide con i vestiti di cotone cuciti a mano da sua nonna. Alle sue spalle si intravede un orsacchiotto di peluche, un po’ spelacchiato, appartenente, mi ha confessato la nonna, al suo fratellino di cui era molto gelosa. Dall’altra parte, sempre sulla poltrona, è presente una piccola bambola di ceramica  vestita con abito lungo posta li solo per bellezza perché essendo di ceramica la piccola Anna aveva il divieto di giocarci. La foto sembra strappata e rovinata, non solo dal tempo, ma anche dal fatto che essa era incollata su un foglio di un’album di fotografie come si usava all’epoca. La foto è in bianco ed in nero ed è stata scattata frontalmente, ha una bella luce ed è tutta a fuoco perché tutti i particolari sono nitidi. Ed è centrata sul soggetto.

Questa foto rappresenta mia madre Annalisa all’età di tre anni nella casa dei suoi genitori a Giugliano. Annalisa amava molto i giocattoli e i cartoni animati, in particolare “I Puffi”, ne aveva l’intera collezione. In mano aveva il suo preferito, “Grande Puffo”. Mia mamma indossava un abitino di lana azzurro fatto a mano dalla nonna e dalla zia paterna con dei ricami raffiguranti delle nuvole e delle piccole barche sul mare. Lei portava i capelli corti e spesso usava delle mollettine colorate per fermare i ciuffetti.

La foto è stata scattata nella sua cameretta infatti sullo sfondo c’è la sua culla con dentro tanti pupazzi tra cui un panda di peluche. Anche appesi alla parete ci sono tanti piccoli pupazzi raffiguranti vari personaggi del circo. Accanto ai pupazzi del circo appesi alla parete c’è la scritta “DIPLOMA SUPER SYMPATHY” che le era stata regalata nel  giorno del suo compleanno dalle sue cugine più grandi.

 La foto è stata scattata dalla madre Angela come si può vedere dall’ombra riflessa sulla parete. La foto è a colori con un’inquadratura frontale. La foto è in piena luce perché  tutti i particolari sono ben visibili. Il sole è alle spalle del fotografo, la madre. La posizione è decentrata rispetto al centro dell’immagine, infatti mia madre è spostata verso il lato sinistro della foto. Mia madre nella foto è in primo piano sullo sfondo della cameretta.

Questa foto rappresenta mio padre Dario all’età di sei o sette anni alla
sua casa ad Acciaroli, dei suoi nonni, nel periodo primaverile. La foto è
stata scattata da suo padre, mio nonno, che era ed è ancora oggi un un
grande appassionato di fotografia e di macchine fotografiche. La foto è
stata scattata con molta cura e dimostra la bravura di mio nonno nel fare
le foto.
La foto è stata scattata quando mio padre era in spiaggia giocando a
pallone, nella dove ancora oggi io d’estate vado a giocare a calcio. Nella
foto mio padre indossa una camicetta a quadrettini con sopra una
salopette di jeans, un capo di abbigliamento che negli anni 80’ andava
molto di moda e proprio quest’anno è tornato di moda dopo un lungo
perido di disuso. Aveva i capelli corti e probabilmente la foto è stata
scattata mentre giocava a pallone per via dei capelli sudati. In mano ha il
suo pallone , un “Super Santos”, regalato dal nonno. La foto è in bianco e
nero, il volto di mio padre è in primissimo piano perché occupa gran
parte della foto. È scattata frontalmente e lo sfondo è sfocato e quasi
irriconoscibile.

I giochi all’aperto di Arianna Attardi classe 1^ A

  

 Immagine che contiene acqua, sport, aria aperta, persona

Descrizione generata automaticamente

Questa è una foto di mia nonna paterna , Anna Palumbo e suo fratello Giovanni . Nonna Anna è nata e vissuta a Salerno ; inoltre fin da piccola aveva un legame speciale con il mare . Ogni giorni i due fratelli andavano sulla spiaggia di Marina di Pisciotta dove trascorrevano indimenticabili giornate a giocare a mare costruendo castelli di sabbia e rincorrendosi sulla riva.  

 Inoltre nonna Anna con suo fratello Giacomo riuscivano a divertirsi all’aperto facendo qualche giro sulle giostre , giocando a nascondino e a guardie e ladri .

Immagine che contiene calzature, vestiti, persona, bambino

Descrizione generata automaticamente

Le loro avventure non si limitavano al mare . Infatti in questa foto nonna Anna è ritratta mentre rincorre un pallone sul lungomare di Salerno dove solitamente era facile trovare mercatini ricchi di bancarelle ben forniti di dolciumi , giocattoli e tante attrattive per grandi e piccini. Mia nonna preferiva andare a Pisciotta perché lì si sentiva libera di giocare con i cugini e gli amici del posto. Quando si è trasferita a Napoli, nonna Anna ha continuato ad andare in questo luogo magico con la famiglia che ha realizzato con il nonno e i i suoi due figli , Davide il mio papà e Maria Luisa , mia zia

Adattarsi a una nuova vita, di Davide Russo II E

Nel 2011 mia zia Viviana Russo, la sorella di mio padre, ha vinto il concorso come notaio e si è dovuta trasferire nella sede che le hanno assegnato.

Inizialmente si è trasferita nelle Marche, ma, poi, per avvicinarsi a Napoli, ha deciso di accettare il trasferimento ad Anagni, in provincia di Frosinone.

Questa foto, datata ottobre 2014, è stata scattata da mia zia dalla finestra della sua nuova casa uno dei primi giorni dopo il trasferimento. Si vede il centro storico di Anagni (fr), il nucleo antico del paese, con la cattedrale sulla sommità della collina e gli edifici storici intorno.

Quando mia zia dopo la laurea ha deciso di studiare per diventare notaio, sapeva che si sarebbe dovuta trasferire da Napoli, almeno per i primi anni, ma non sapeva che sarebbe stato difficile ambientarsi, né che nel frattempo sarebbe nata mia cugina e che, quindi, avrebbe dovuto anche occuparsi di lei.

Infatti, quando ha avuto come sede Anagni, è stata molto felice, perché sua madre (mia nonna) avrebbe potuto raggiungerla più facilmente ed aiutarla.

All’inizio non è stato facile perché ha dovuto cambiare stile di vita. Infatti, si è dovuta abituare a vivere in un paese, dove tutti si conoscono e non vedono bene i nuovi arrivati e dove hanno un ritmo di vita più lento. Inoltre, spesso, si sentiva molto sola e non aveva compagnia, specialmente quando mio zio doveva rientrare a Napoli la domenica per il suo lavoro. Lei, però, non si è abbattuta e si è impegnata per farsi accettare dagli abitanti e per farsi conoscere come notaio.

La foto, del 2014, é stata scattata da mia zia Viviana e riproduce l’interno del suo studio e i suoi strumenti di lavoro. Come si può osservare dall’immagine, lo studio è antico, in quanto mia zia lo ha rilevato da un anziano notaio di Anagni, che ha lasciato tutto l’arredamento, inclusi quadri e mobili.

Questa foto dell’ottobre 2014, che può sembrare un po’ strana, è stata scattata da un collaboratore di mia zia quando lei, appena trasferitasi ad Anagni, ha ritirato il sigillo dal consiglio dell’ordine dei notai di Frosinone ed ha iniziato a lavorare. La foto è stata scattata in auto mentre tornavano allo studio ed è custodita da mia zia per ricordare quel particolare momento.

Sicuramente è stata aiutata, nell’inserimento in questa nuova realtà, anche dal fatto che ha conosciuto le altre mamme che, come lei, avevano i figli all’asilo.

Oggi mia zia, a distanza di dieci anni, si trova molto bene e non vuole tornare a vivere stabilmente a Napoli. Innanzitutto, lei apprezza i maggiori guadagni che ha per il suo lavoro e che a Napoli non avrebbe in quanto ci sono molti più notai.

Inoltre, anche se a volte le manca stare con noi o avere tutte le comodità alle quali siamo abituati in città, apprezza i benefici di vivere in un piccolo centro, come la tranquillità, i ritmi rilassati, la possibilità di andare a fare delle passeggiate in campagna la domenica e di conoscere tutti.

Ecco, per concludere un bel ritratto della zia Viviana.

Alla ricerca di un lavoro stabile, di Benedetta Scarfiglieri III E

La persona di cui vorrei raccontare la storia è mia madre. Mia madre si chiama Maria Felicetti, è nata a Napoli l’8 febbraio 1969. E’ una ginecologa che ha studiato, si è laureata e specializzata a Napoli e ha lavorato nella stessa città, sia nel settore privato che pubblico sempre con contratti a tempo determinato, in quanto, nell’arco degli anni dal 2000 al 2016, nella Regione Campania c’era il blocco delle assunzioni nella Sanità commissariata per la crisi economica. Per questi motivi fece una serie di concorsi in tutta Italia e, essendo risultata idonea in diverse città, è stata assunta, per prima nel 2011 dall’ASL di Reggio Emilia, precisamente nell’ Ospedale di Castelnovo nei Monti a 800 metri sul livello del mare.

In quell’anno nacqui io e per questo motivo mia mamma decise di portarmi con sé quando avevo solo 5 mesi. Gli scatti che seguono risalgono al 2011. Nel primo sono con mio padre, proprio durante il viaggio per trasferirci, in una pausa in autogrill.

Qui, sempre nello stesso anno, sono con la mia mamma, appena stabilite a Castelnovo nei Monti, durante le passeggiate che facevamo per conoscere il luogo.

Per mia mamma questa decisione di trasferirsi è stata molto difficile e sofferta, perché significava lasciare mio padre a Napoli per via del suo lavoro che era lì e allontanarsi dalla famiglia e dagli amici. Il viaggio è stato molto lungo, circa 800 chilometri, e difficoltoso perché per raggiungere il paese, bisognava superare le montagne. Una volta arrivati in paese ci siamo subito accorti della differenza di clima e della differenza rispetto al vivere in una città. Siamo andate ad abitare in una casa grande che mia mamma aveva preventivamente cercato tramite le infermiere del posto che lavoravano in ospedale. Fuori casa si trovava un negozio di vestiti molto bello, dove spesso io e mia mamma passavamo lì il nostro tempo libero se non doveva lavorare.

Mia mamma ha trovato un ambiente molto familiare perché molti colleghi erano meridionali, ma in alcuni momenti si avvertiva il disagio di raccontare, in una cittadina così pulita le difficoltà della nostra città di origine, come , ad esempio, il problema della spazzatura che affliggeva di Napoli nel 2011.

Io, i primi tempi ho vissuto con mia mamma e con i nonni e sono andata a scuola all’asilo molto presto, mentre mio padre andava avanti e indietro per incontrarci pur di non stare troppo tempo lontano da noi. Prendeva il treno ogni settimana per trascorrere un weekend insieme e mi rendo conto che deve essere stato un grandissimo sacrificio per entrambi.

In questa foto, mio padre saluta mentre sta prendendo il treno, alla stazione di Reggio Emilia, di rientro a Napoli alla fine di un weekend.

Il paese era molto piccolo, ma carino e inoltre c’erano molte sagre nel periodo estivo in cui si socializzava e si mangiavano i piatti tipici della tradizione, tra cui lo gnocco fritto con i salumi e il parmigiano reggiano. Pur essendo un paese di montagna con i disagi della neve e il clima freddo, io mi divertivo molto giocando con i pupazzi di neve con i miei amici di asilo e a volte anche sotto casa, nel nostro piccolo giardino con mamma e papà quando veniva a trovarci.

Questa foto è stata scattata nel giorno del mio onomastico, 11 luglio del 2012, e papà, io e mamma, festeggiavamo con il parroco del paese, don Luigi.

In questo bellissimo primo piano, del 2012, durante una passeggiata, avevo voluto come sempre, la caramella da succhiare.

Qui, nel 2013, dopo una nevicata, mia mamma mi aveva portata fuori per giocare con la neve.

Mia mamma è riuscita poi ad ottenere il trasferimento a Napoli e, dopo due anni di sacrificio stando lontano dalla famiglia, siamo potuti tornare tutti quanti insieme nella nostra città di origine. Penso che mia mamma abbia fatto bene ad emigrare per lavoro perché è stato meglio che abbia trovato un lavoro stabile invece di restare a Napoli con un lavoro a tempo determinato, anche se questo ha significato dividere per due anni la famiglia. Ero piccola e questo lavoro per il progetto mi ha permesso di ricostruire un periodo della mia vita di cui non ricordavo quasi nulla. Sono diventata consapevole dei sacrifici affrontati dai miei genitori ma ho scoperto anche la ricchezza che ha lasciato questa esperienza.

I miei nonni in Texas, di Rebecca Cicala II E

I miei nonni si chiamano Vittorio Emanuele Andreucci e Maria Gabriella Castelli. Nonno è nato a febbraio del 1937 a Napoli. Ha vissuto principalmente a Napoli e a Parma dove ha finito l’università e ha iniziato a lavorare come medico nefrologo. Lì ha incontrato mia nonna che è nata a Parma nel 1943; lavorava come infermiera. Hanno vissuto a Parma finché a mio nonno è stata offerta la possibilità di andare a lavorare come ricercatore a Dallas, nello Stato del Texas, negli Stati Uniti. 

Prima di partire, i miei nonni si sono sposati e dopo poche settimane, nel giugno del 1969, sono partiti, come se fosse il loro viaggio di nozze. Avevano prenotato una cabina sulla nave Michelangelo che li avrebbe portati da Napoli a New York. Mio nonno aveva affittato 2 sdraio a bordo piscina, pensando di prendere il sole durante il viaggio, che durò una settimana, ma il tempo non fu mai bello e quindi anche le sdraio non furono mai usate.

Durante il viaggio, il capitano della nave organizzò due balli in maschera e al secondo i miei nonni vinsero un premio.

In questa foto  c’è mia nonna appena arrivata al ballo, vestita per l’occasione. La riproduzione di un’ancora che si vede nella foto seguente fu il premio per la vittoria. I miei nonni la conservano ancora.

Arrivati a Dallas, mio nonno mi ha raccontato che furono tutti gentilissimi con loro e dal momento che vivevano in una bella villetta con la piscina, si organizzavano delle feste. Conobbero così alcuni amici. I miei nonni partirono per gli Stati Uniti pur non conoscendo bene l’inglese: mio nonno era in grado di parlare, ma non molto bene, mentre mia nonna non lo aveva mai studiato. Mentre mio nonno era a lavoro mia nonna, che lì non lavorava, guardava la tv in inglese e imparava alcune parole del dizionario che nonno le aveva lasciato da studiare. La vita lì era completamente diversa; ad esempio mia nonna si ricorda che non aveva mai visto una persona di colore in vita sua prima di arrivare negli Stati Uniti!

Dal momento che era spesso sola mentre mio nonno lavorava e non aveva molto da fare, scoprì di essere brava a dipingere; realizzò moltissimi quadri e diversi sono ancora esposti a casa dei nonni. Vinse anche un premio per un suo quadro: un vaso di rose. 

Ogni weekend, i nonni visitavano un luogo diverso degli Stati Uniti e così alla fine videro tantissimi posti come, ad esempio, le campagne del Texas, dove videro animali da cui rimasero molto colpiti.

Nella foto infatti c’è mia nonna davanti alla gabbia di un procione e in quella seguente un tipo di bovino tipico del Texas

A New York visitarono l’Empire State Building, ovvero il grattacielo più alto del mondo. Al 102esimo piano la nonna scattò questa foto mentre il nonno guardava il panorama. Mio nonno mi ha detto che nel grattacielo c’era un ascensore molto grande e velocissimo; per arrivare al 102esimo piano impiegò solo pochi minuti. Aveva un po’ di vertigini ma la vista era bellissima e si vedeva tutto, quasi come se fossero stati in aereo.

In questo altro scatto i nonni erano in gita sul fiume Mississippi che attraversarono in battello. Sono con degli amici messicani. In primo piano, a sinistra, c’era Aimi Herrera Acosta, dietro sua moglie Rosamaria e dietro ancora mia nonna. A destra invece, in primo piano, c’era mio nonno e dietro una ragazza di cui però non ricorda il nome.

 Un’altra esperienza che mi hanno raccontato è stata quando in un locale, a New Orleans, ascoltarono musica jazz pagando solo un dollaro.

In questa foto ci sono appunto i musicisti. Mio nonno ricorda che all’epoca New Orleans era famosa perché piena di locali di musica jazz.

In questo video la storia del jazz a New Orleans

 Dopo il primo anno vissuto là sarebbero dovuti tornare, ma il Responsabile del laboratorio dove lavorava mio nonno gli propose di rimanere per un altro anno con uno stipendio molto più alto. A mia nonna non piaceva vivere negli Stati Uniti dal momento che non aveva molti amici, le mancava la sua famiglia e non aveva autonomia, ma per restare con mio nonno acconsentì. Alla fine del secondo anno di permanenza, nel 1971, nonna rimase incinta e dato che non potevano rimanere nella loro casa (perché i bambini non erano ammessi), decisero di ritornare in Italia, dove con i soldi risparmiati comprarono una casa a Parma. Qui nacque mio zio. Diversi anni dopo si trasferirono a Napoli dove, nel 1976, è nata mia mamma e dove vivono tutt’oggi.                      

Nonno mi ha raccontato anche altre esperienze divertentissime che hanno vissuto negli Stati Uniti. Durante il primo anno in Texas, i nonni decisero di trascorrere il Natale in Messico. Avevano saputo che per poter rientrare negli Stati Uniti, quando tornavano, c’era bisogno di un permesso speciale. Mio nonno si procurò il permesso, ma durante il viaggio, a metà strada, si accorse di averlo dimenticato. Lasciò nonna da sola in un albergo e si diresse verso l’aeroporto più vicino per tornare a Dallas. Recuperò il permesso e la sera stessa raggiunse mia nonna. Tornando dal Messico, nessuno glielo chiese e nonno, arrabbiatissimo, glielo fece vedere lo stesso. 

E ancora…..

Appena arrivati negli Stati Uniti, il capo di mio nonno li invitò a cena ad un party con tutti i medici che lavoravano con lui. Erano le feste di Natale e loro andarono volentieri. Quando arrivarono, fecero vedere a mia nonna una macchina che serviva per stendere la pasta fatta in casa e le dissero che doveva farla lei. Nonna non l’aveva mai fatta, anche se l’aveva vista cucinare molte volte da sua madre. Alla fine nonna, sotto lo sguardo di tutti, fece le tagliatelle, che vennero buonissime.