Raccontare la storia della mia famiglia paterna è molto difficile, perché ho solo dei vaghi ricordi della mia infanzia con loro.
Eppure, ripescando qui e là nelle poche immagini del passato, possono riaffiorare i volti di mia nonna Elda Mezzadri, di mio nonno Antonino Musumeci, e del mio bisnonno Leo Mezzadri che, seppur mai conosciuto, era una presenza costante in piccoli ritratti caricaturali di vari membri della famiglia, da lui effettuati.
Nelle ultime settimane questi volti hanno riacquisito una voce, colori, pensieri. Posso dire di aver avuto modo di conoscerli davvero riordinando le carte di famiglia recuperate dopo la loro scomparsa, e lasciate per molti anni all’umidità e alla muffa, in uno scatolone in cantina.
Questo lavoro è stato rivelatore di molte cose teoricamente note ma toccate veramente con mano ancora una volta: le carte rendono le storie vive, e questo viene incredibilmente amplificato nelle storie così vicine a noi. Storie familiari, ma che non conosciamo veramente mai a fondo. Assieme a questo ho capito anche il perché in pochi, anche tra gli archivisti, riordinano le proprie memorie di famiglia.
Il passato a volte può essere molto più complicato del presente.
Nella foto qui sotto, in cattedra, è ritratto frontalmente mio nonno, Antonino Musumeci.
Mio nonno era nato a Catania nel 1909 ed era un professore di matematica. Me lo ricordo in occasione di un solo incontro, in Sicilia, quando io avrò avuto all’incirca 9 anni e mia sorella Marina sarebbe nata da lì a poco. Nei miei ricordi è un signore alto e distinto, con un bastone da passeggio. Andammo a comprare il pane, dei panini col sesamo, e tutti lo chiamavano “professore”, il che mi fece sentire parte di una stirpe molto importante, anche se per me semisconosciuta.
Antonino Musumeci fu tenente dell’Esercito Regio in Africa. Aveva frequentato la scuola per allievi ufficiali ad Addis Abeba ed era a capo di combattenti àscari. Quando vi fu la conquista britannica dell’ Africa Orientale Italiana, fu fatto prigioniero e condotto in Kenya, dove rimase per molti anni, dal 1941 al 1947. A questo link un sito specifico ricostruisce la storia dei campi di prigionia inglesi in Kenya, ma non ho trovato il nome di mio nonno.
Una parte importante delle sue carte è costituita da una serie di lettere inviate e ricevute in questo suo lungo periodo di prigionia.
Per 6 anni le sue lettere riportano lamentele per la sua salute cagionevole e alcuni interventi chirurgici subiti nel campo di detenzione, per il fatto di non ricevere notizie da casa, per il trattamento discriminante che diceva di ricevere in quanto italiano, e purtroppo a ciò si aggiunge una considerazione non sempre lusinghiera riguardo la popolazione locale, che credo fu frequente in chi ebbe parte in quell’esperienza, e che dunque deve essere stata comune di molti italiani – e non solo – in Africa, durante il colonialismo e la guerra.
Riuscì fortunatamente a tornare vivo a Catania nel 1947, e si riunì alle sue vecchie compagnie di gioventù. Qui incontrò mia nonna, Elda Mezzadri.
Mia nonna apparteneva a una famiglia della piccola borghesia catanese. Il padre, Leo Mezzadri, era stato anch’egli un soldato. Avevano vissuto qualche anno a Roma, in Viale delle Milizie – come risulta dalla corrispondenza degli anni del Fascismo – e poi erano tornati nella loro città natale durante gli anni della guerra. Mia nonna era abbastanza corteggiata, stando a quanto si può leggere nelle sue lettere.
Elda e Antonino si sposarono, nel 1951, e si trasferirono a Brescia, dove lui era stato inviato come insegnante.
Qui nel 1953 nacque mio padre, Mario Musumeci, e furono inviati molti telegrammi di auguri per la sua nascita.
Tra questi spiccano i biglietti con le poesie del bisnonno Leo Mezzadri, con il quale mio padre Mario aveva un rapporto molto stretto e affettuoso.
Il bisnonno Leo era stato dapprima un sottoufficiale degli Alpini, e come soldato aveva vissuto in molte città.
Aveva anche ricevuto delle onorificenze per aver combattuto sul fronte del Carso durante la Prima Guerra Mondiale.
Prima della guerra era stato direttore di un giornale locale “La Provincia di Mantova”, e aveva una spiccata inclinazione per la scrittura.
Era un uomo molto creativo, e ci sono moltissimi suoi componimenti scritti che venivano richiesti anche per propaganda pubblicitaria, oltre che turistica.
Poco dopo la famiglia lasciò Brescia e tornò a Catania, dove mio padre passò tutta la sua infanzia.
Purtroppo, il matrimonio tra mio nonno e mia nonna non ebbe l’esito sperato, e i due si separarono alla fine degli anni ’60.
Dopo qualche anno, nel 1971, mia nonna raggiunse a Roma mio padre che si era iscritto all’Università La Sapienza, e trovò una casa nel quartiere Cinecittà.
Da bambina io la conobbi abbastanza bene. Mi era molto simpatica anche se non mi dava troppa confidenza. Non era molto felice, e si rinchiuse per molti anni in casa senza uscire quasi mai. Ricordo però che partecipava da casa a moltissimi quiz televisivi, e ogni tanto vinceva gettoni d’oro. Inoltre era una lettrice compulsiva di cataloghi postalmarket, di cui restano moltissime testimonianze tra le sue carte a partire dagli anni ’70, assieme a copie di periodici di gossip e altre riviste di casalinghe e ricette.
Mio nonno si risposò con una vecchia amica in comune delle comitive catanesi di gioventù, la “zia” Gemma, venuta a mancare di recente.
I miei nonni morirono in due città diverse, a tanti chilometri, ma a pochi anni di distanza, nel 1990 e nel 1993. I miei ricordi di loro sono molto vaghi. Ma Le foto e le carte di questo piccolo archivio di famiglia mi hanno permesso di conoscerli meglio, e sono il filo di una piccola narrazione tra tante, che attraversa tutto un secolo, il ‘900, e tramite cui si può ricostruire una parte della nostra storia comune.
Elena Musumeci, archivista, vive e lavora a Roma.