Fulvio Santorelli

Mio nonno si chiama Giacomo Triglione e ha 75 anni.

In questo scatto del luglio 1974 è ritratto su di un carrarmato, al Poligono militare di Lecce, durante un addestramento. Questo che segue è un particolare della stessa foto.

Questa foto è stata scattata nel novembre del 1976, sempre durante un addestramento, al Poligono militare di Salerno

Era un tenente; è poi diventato generale a più di 50 anni. Nelle foto faceva addestramento sui carri armati in un poligono militare in cui doveva simulare un’azione di guerra; in particolare doveva sparare con il carro armato a delle sagome di tela che simulavano il carro armato nemico. Aveva il comando su 5 carri armati; ogni carro armato aveva l’equipaggio di 4 militari che erano: un capocarro, un cannoniere, un pilota e un servente; quindi aveva 20 militari da comandare.

A mio nonno piaceva il suo lavoro, pertanto, subito dopo aver fatto colazione usciva col suo plotone nell’area addestrativa e si esercitava a fare del movimento e a sparare col carro armato. Dopo pranzo, riportati i carri armati nei parcheggi, si provvedeva alla pulizia della bocca da fuoco del cannone dai residui della combustione, si faceva rifornimento di carburante, si controllava l’olio del motore, i cingoli e si lavava il carro. Tutto questo si poteva fare anche di notte.

Mio nonno si trovava molto bene con i suoi compagni e c’era molta fiducia tra di loro e questo era molto importante perché in caso di guerra vera serviva per combattere e sopravvivere. Durante gli allenamenti mio nonno dormiva su delle brande di tela, un materassino gonfiabile in tenda.

La ricorda come una vita dura e abbastanza pericolosa perché i militari usavano macchine molto potenti e maneggiavano l’esplosivo; le tende poi non avevano riscaldamento e d’inverno si dormiva nel sacco a pelo. Il suo capo era un capitano e mio nonno aveva con lui un ottimo rapporto.

In questo scatto formato tessera del 1995, mio nonno è ritratto in uniforme.

Ma il nonno non è stato sempre alla guida di un carrarmato! Lo dimostra questa foto del settembre 1968 che lo immortala, giovanissimo, durante una sfilata di moda a Trinitapoli, dove ancora oggi abita.

Carri armati che passione! , di Vittorio Conte

Ecco, questo è mio nonno materno , Giuseppe Capasso, ora alla bella età di 79 anni.  La foto è stata scattata da mia madre, ad Avellino nel 2023. Era il giorno del suo compleanno: era felice di trascorrerlo con moglie, figli e nipoti

Mio nonno ora fa una vita da classico pensionato che vive in paese. Infatti lui vive ad Avellino insieme alla sua inseparabile moglie di nome Assunta ma soprannominata da tutti Susi!

Tornando all’attuale vita di mio nonno, lui ha un bellissimo orticello dove possiamo trovare zucche, zucchine, melanzane, pomodori, insalate, viti e tanti altri ortaggi e verdure. Va in questo orticello in media un giorno sì e un giorno no e ogni volta mi racconta che vengono tantissimi animali che depredano il terreno. Mio nonno comprò il terreno nel 2012 e ne ha sempre avuto cura. Faceva il poliziotto e ne andava e va sempre fiero, per capire però la sua storia dobbiamo fare un salto nel 1944. Eh già, è proprio questa la data di nascita di mio nonno: 24 febbraio 1944.

Qui mio nonno aveva 10 anni (1955-56 ca.) e molto probabilmente questa foto fu scattata dalle sue sorelle. Infatti mio nonno aveva e ha ancora oggi 4 sorelle che si chiamano: Maria, Rosaria, Tina, Nina. In questo scatto mio nonno si trovava nel suo giardino e mi ha detto che ha preso da quel piccolo giardino la passione per l’orto e il vino.

Possiamo notare che mio nonno ha una sigaretta in mano, infatti mi ha detto che stava iniziando a fumare, cosa che era permessa anche ai bambini perché non erano ancora stati scoperti i danni provocati dalle sigarette. Mio nonno mi ha raccontato che andava benissimo a scuola e che amava frequentarla.

In questo scatto mio nonno invece aveva circa 20 anni e si trovava a Sorrento con i suoi amici. Lui è quello seduto. Erano tutti vicini di casa, infatti due si trovavano nello stesso palazzo e gli altri due nel palazzo di fronte quindi erano abituati a vedersi tutti i pomeriggi dopo i compiti. Mio nonno inoltre mi ha raccontato che avevano il pallone ma non lo potevano usare poiché il carabiniere che stava controllando la spiaggia disse che era vietato. Ama questa foto perché gli ricorda la sua gioventù e i modi in cui si divertiva.

In questo periodo mio nonno stava decidendo cosa fare da grande e sicuramente era molto orientato verso la carriera di poliziotto.

Questa foto tessera immortala mio nonno nel momento in cui realizzò il suo sogno: diventò un poliziotto. Erano i suoi primi e ultimi mesi da poliziotto stradale. La carriera di mio nonno iniziò nel 1966 ovvero l’anno in cui fece il corso allievi P.S (polizia stato) nella scuola di Trieste.

In questa foto del 1970-71, a Trieste, il nonno è in posa in divisa, rivolto con sguardo fiero verso l’obiettivo. Per dei brevi periodi poi tornava a Napoli per andare a vedere la sua famiglia.

Questo scatto del 1972, ritrae mio nonno (il primo da sinistra) con dei compagni di Trieste, durante una delle trasferte napoletane. Sono in divisa a figura intera sullo sfondo del mare, probabilmente in un paese vesuviano.

Dal 1968, su richiesta del comandante della scuola, fu premiato facendolo rimanere nella stessa scuola in qualità di istruttore allievi polizia stato.

Questo è uno scatto del 1970, realizzato in un’aula della scuola militare. Il nonno è alla scrivania, sempre in divisa, preso dal suo lavoro. Mi ha raccontato che questa foto è un ricordo felice per lui perché amava il suo lavoro.

Come istruttore il nonno dovette imparare subito a guidare i carri armati che erano in gestione della scuola e cosi prese la patente guida auto categoria DE( la più alta); poi conseguì la patente per i carristi M-47 per poter appunto operare come istruttore.

Questa foto del 1971, è stata scattata da un collega del nonno nel cortile della scuola militare. Nonno Giuseppe voleva essere immortalato alla guida del carro armato; è la sua foto preferita perché ha sempre amato molto le armi, i carri armati e la vita militare.

Mio nonno, per il suo lavoro, ha vissuto molte rivolte, periodi di conflitti e attentati. Partiamo dal 68, infatti quest’anno fu terribile per la polizia perché ci furono tantissime manifestazioni, contestazioni  e a volte anche morti. Inoltre alle manifestazioni di protesta partecipavano anche persone malintenzionate che sparavano con vere armi da fuoco oppure  lanciavano granate contro i palazzi. Pochi anni dopo, a partire dal 1970 le brigate rosse  entrarono in campo. L’azione più clamorosa, nel 1978, fu il rapimento del leader democristiano Aldo Moro

Questo video è quello dell’annuncio del rapimento di Moro al tg2

Inoltre mio nonno visse l’esplosione alla stazione e la strage di Bologna, nel 1980, poi l’uccisione di Falcone nel 1992 sull’autostrada di Palermo. Mi ha anche raccontato che in Calabria si scatenò, nel 1970, un conflitto tra la città di Reggio Calabria e lo stato che voleva trasferire il capoluogo regionale a Catanzaro (moti di Reggio, dal 14 luglio durarono dieci mesi: quattro morti, centinaia di feriti e miliardi di danni). Cosi molti abitanti della città calabrese presero armi da fuoco e iniziarono a sparare contro la polizia che era andata a Reggio Calabria per calmare le acque. Mio nonno era tra i poliziotti e mi ha raccontato che, nel corso di un’azione per scovare degli abitanti ribelli, i calabresi spararono un colpo che sfiorò il suo orecchio e per pochi centimetri non lo colpì.  .

In classe abbiamo discusso di tutti questi eventi che studieremo l’anno prossimo. Ho capito che sono stati anni complessi per la società e la politica italiana; ancora oggi non c’è chiarezza sui fatti accaduti né su colpevoli e mandanti. Mi sono reso conto anche che il racconto individuale, di chi ha partecipato ad eventi diventati poi storici, è a volte diverso da quello che ritroviamo sui libri di storia. Non sempre il punto di vista della macro storia coincide con quello della micro storia. Il compito dello storico è proprio quello di fornire una ricostruzione equilibrata e i racconti che arrivano dalle storie di famiglia sono preziosi.

Mio nonno venne trasferito a Roma il 17 marzo del 1972 dove conobbe il suo più grande amico e molti ministri del parlamento. Ritornò a Trieste il 6 maggio nel 1976 per aiutare il popolo friulano a causa del terribile terremoto che colpì l’intera regione Friuli Venezia Giulia e le zone circostanti.  Mio nonno fu il primo ad arrivare e portò con sé molti oggetti e abiti che potevano servire ai terremotati. Mi ha raccontato che diede le sue scarpe ad una suora e a mio nonno non rimase niente. Cosi la suora si arrabbiò con lui perché aveva donato anche quello che gli era necessario. Mentre mio nonno discuteva con la suora dietro di lui c’era il maresciallo che sentì tutto e si complimentò così, ancora una volta, divenne un esempio per tutti i poliziotti e tutti gli allievi.

Lavorare a questo ritratto di mio nonno mi è piaciuto molto. Ho capito tanti aspetti della sua fantastica vita in cui ha vissuto tanti eventi. E’ stato bello soprattutto intervistarlo.

Il mio eroe si chiama Ronald Dixon, di Francesco D’Agostino

Al centro, è raffigurato il mio bisnonno, di nome Ronald. Questa foto è stata scattata da sua madre, Annie (che era proprietaria di un ristorante di fish &chips) nel 1932 e, poiché è nato il 5 settembre del 1930, aveva 2 anni. Ronald è seduto e guarda con espressione di sorpresa, come fosse stato distolto, mentre sta giocando con i suoi giocattolini preferiti: cavalli di legno. Ci giocava quasi sempre coi suoi amici anche a 5 anni, quando andava alle scuole elementari. Era, credo, uno dei pochi giochi che poteva condividere con i compagni della classe negli anni ’30. Frequentava una scuola cattolica solo per ragazzi. La foto è stata scattata nella sua camera da letto della casa in cui viveva situata in una cittadina del nord d’Inghilterra, Stockton-on-Tees, vicino Newcastle. Aveva una sorella di nome Mary (Maria in italiano) e un altro fratello di nome Joseph (Giuseppe in italiano), tutti più grandi di lui. Erano circa le 15 quando è stata scattata questa foto (perciò Mary e Joseph stavano ancora a scuola). Ronald Dixon non frequentava l’asilo, in quei tempi. Iniziò ad andare a scuola quando aveva 5 anni (1935).

In questa foto invece è raffigurato al centro della scena, a figura intera, quando aveva 8-9 anni. La madre, come sempre, è l’autrice dello scatto. Si trova nel giardino di casa sua, alle sue spalle ortaggi e fiori. Indossa una divisa da boy-scout e con postura rigida accenna un saluto militare. In quel periodo frequentava i boy scout, un’associazione nata proprio in Inghilterra agli inizi del 1900, per formare giovani esploratori. Come boy-scout doveva praticare molti sport come il calcio e il cricket. Gli piaceva molto il calcio e il suo hobby preferito era andare a pescare. Nel 1938, era ormai alla scuola elementare, l’“Holy Trinity Boys School”, per ragazzi dai 5 agli 11 anni. Le sue materie preferite erano la matematica e la storia.

Purtroppo non ho molte informazioni sul mio bisnonno quando era giovane, ma posso aggiungere che era anche un ragazzo abbastanza in gamba a scuola e molto socievole con tutti i compagni. Anche in famiglia era tranquillo e affettuoso (molto con suo padre Joseph, che era sempre simpatico con Ronald).

In questa foto, scattata nel 1947 circa, il mio bisnonno Ronald è con sua sorella Mary Dixon (che era almeno 15 anni più grande di lui). Si amavano molto, come si può immaginare dalla foto che li ritrae in piano americano, con espressione seria ma molto vicini. In quegli anni Ronald faceva parte della marina militare e svolgeva il servizio militare. Si vede sullo sfondo una strada della loro cittadina d’infanzia, Stockton-on-Tees. Si nota che i suoi capelli sono diventati più scuri e ricci. Inoltre era molto alto: 2 metri. I suoi occhi erano molto brillanti. Dopo la seconda guerra mondiale faceva ancora parte della marina militare militare. Amava molto l’acqua, specialmente il mare (per questo faceva parte della marina).

La foto ricorda il giorno del matrimonio del mio bisnonno Ronald con la mia bisnonna Maureen Killoran (un cognome di origine irlandese), nata nel 1931 e morta nel 2016. Si sono sposati nel mese di aprile del 1950. In doppio petto lui, in abito bianco lei, guardano l’obiettivo con sguardo orgoglioso; i fiori sull’abito di entrambi testimoniano l’evento.

Ronald e Maureen erano una coppia perfetta e leale, sempre felici insieme. Per tempo, avevano pensato di avere figli. In particolare, mio bisnonno voleva avere un figlio. Alla fine, hanno avuto tre figlie (una di loro è mia nonna che si chiama Carolyn, in italiano Carolina).

Era un marito disponibile ed anche un buon padre. Si comportava in modo gentile e divertente con le sorelle. Andavano ogni fino settimana con la famiglia al parco (anche a volte a pescare), poi dopo per pranzo un bel fish & chips, con un gelato delizioso. Anche la moglie Maureen era una brava madre per le tre bambine che accompagnava sempre a scuola. Erano davvero due persone straordinarie e fantastiche.

In questa foto, del 1958 circa, Ronald è nel suo pub preferito, dove andava spesso anche con amici. Qui è proprio con il suo migliore amico d’infanzia, Mark: entrambi eleganti e sorridenti guardano nell’obiettivo tenendo tra le mani due bei bicchieri di birra. Amava molto prendere un bicchiere di birra dopo una lunga giornata di lavoro oppure di stress. Per lui Mark era un grande amico. Loro due andavano molto spesso al parco ed anche anche sui laghi per pescare (come già detto, il suo hobby preferito). Sfortunatamente non ho molte informazioni su di Mark, ma so che loro due erano gli amici perfetti. Mark lavorava come ingegnere, mentre invece Ronald era diventato pompiere. Lo scatto fu realizzato da un altro amico.

Qui, è raffigurato Ronald Dixon (l’uomo con i capelli ricci sorridente al centro), con gli altri pompieri della sua squadra. È una foto ufficiale in cui in primo piano, seduti, troviamo i superiori e in piedi, a formare una piramide, tutti i compagni di squadra. Fu scattata nel 1956 circa, quando Ronald faceva parte della squadra di vigili del fuoco di Stockton.

Purtroppo, il 24 febbraio del 1969, Ronald morì mentre era impegnato a spegnere un incendio scoppiato in una casa, per portare in salvo una persona: aveva solo 38 anni. È stato devastante per mia nonna e le sue due sorelle, ma soprattutto per la moglie Maureen. Per il suo coraggio è stato anche citato nell’articolo di un giornale che ho fotografato. Tutti i cittadini di Stockton erano onorati per quello che aveva fatto. Era proprio un eroe per Stockton e per la famiglia.

Nel 2006, mia nonna è andata a vedere la statua (nelle immagini sopra), con tutti i nomi dei pompieri che morirono durante quell’incendio, tra cui c’è quello del mio bisnonno! Questo monumento si trova davanti al duomo di St. Paul’s, a Londra.

Un altro piccolo monumento, con solo il suo nome, interamente dedicato a lui, si trova a Middlesbrough (una cittadina del nord, vicino Stockton-on-Tees). Nel 2019, ci sono andato con mio fratello di nome Luca, con mia madre e mia nonna.

Nello stesso anno, mia nonna Carolyn è stata intervistata al telegiornale per parlare proprio di Ronald Dixon! Aveva ricevuto anche molti premi per il coraggio dal ministro degli Interni inglese. Il mio bisnonno sarà sempre ricordato da tutti noi per il suo cuore forte e coraggioso.

Nonno Emidio: l’avvocato dalla parte dei deboli, di Mariarosaria De Luca

Ho intervistato mia nonna materna, Mariarosaria Autore, che ha quasi ottanta anni e che mi ha raccontato della vita del nonno Emidio della Pietra, scomparso nel 2019 quando io avevo otto anni.

Qui sono in un bel primo piano in bianco e nero, con la nonna e Micio: siamo due pesti lui ed io!

Ho deciso di raccontare la storia di nonno Emidio perché gli volevo molto bene e, vivendo con lui da quando ero piccola, anche se ora non c’è più, il suo ricordo è ancora molto vivo e mi sono appassionata ai racconti della nonna, che mi hanno fatto scoprire tanti aspetti che non conoscevo della famiglia e della storia del nonno.

Nonno era un avvocato ammirato e, nonostante fosse una persona molto seria nell’ambito lavorativo, con me ha sempre mantenuto il gioco senza “scocciarsi” (anche dai racconti della mia mamma), forse anche perché ero la più piccola delle nipotine.

Guardate in questa foto che bei tipi con occhiali! Nonna, nonno ed io!

In questo altro scatto ci siamo nonno ed io, al suo studio, nel giorno del suo compleanno: ero andata a portargli una torta al caffè.

Ci teneva a condividere con me le sue passioni, il natale prima di morire siamo andati a vedere la Cantata dei Pastori con Peppe Barra e lui era felicissimo. Amava riunire la famiglia non solo in occasioni particolari, ma anche per stare semplicemente insieme. Andavamo insieme, ad esempio, al ristorante La Bersagliera dove era di casa ed ancora oggi tutti, quando andiamo a pranzare lì, lo ricordano con affetto.

Emidio della Pietra nasce il 15 novembre del 1938 primo di sette fratelli Lelio, le gemelle Francesca e Margherita, Emilia, Vittorio ed Adele.

In questa bellissima foto realizzata dallo Studio fotografico Francesco Colombo di Napoli, fondato nel 1892, è ritratto mio nonno all’età di un anno, nel 1939: come previsto nelle ambientazioni da studio fotografico, è ritratto in posa a figura intera, su sfondo chiaro, seduto su di un cubo ricoperto da pelliccia; paffutello, ben vestito e pettinato secondo la moda dell’epoca, guarda un punto laterale all’obiettivo, con gli occhi spalancati e un’espressione seria, ma naturale.

I genitori, Andrea e Olga, decidono di dargli il nome del prozio Emidio raffigurato a figura intera in questa foto realizzata dallo studio Francesco Marviglia di Napoli (Via Chiaia 190). Sul fondale architettonico, il prozio è in uniforme, appoggiato col gomito sinistro (per chi guarda) a cui fa eco la gamba piegata, ad un trespolo-colonna su cui è in vista il cappello, mentre l’altra mano tiene l’elsa della spada che lo sostiene sulla destra

Il prozio Emidio viveva a Palma Campania  e curava le sue proprietà terriere; era poi entrato nel regio esercito, 10° Reggimento Artiglieria, 1 compagnia Treno, come testimoniato da questa tessera militare conservata dal nonno Emidio, nel suo studio.

Emidio visse la sua prima infanzia durante la seconda guerra mondiale. Suo padre, Andrea, comandava le colonne dei carri armati. Alla nascita delle due gemelle Francesca e Margherita (non ricordiamo quando, in famiglia) venne esonerato dall’esercito. Andrea ebbe modo di conoscere gli alleati e di stringere amicizia con un colonnello americano e sua moglie.

In questa foto, scattata probabilmente nel 1945, a guerra finita, sono ritratti, all’aperto, in una proprietà dello zio Emidio a Palma Campania. In primo piano e a figura intera, al centro il bisnonno Andrea con il colonnello americano, a sinistra il prozio Emidio e a destra la moglie del colonello con mio nonno. Probabilmente, a testimonianza di un’amicizia nata nell’esercito, il colonello andava in visita dal nuovo amico: tutti sono sorridenti e festeggiano così la gioia per la fine del conflitto.

Il papà Andrea svolgeva la professione di avvocato penalista, come da tradizione familiare (il fratello Lelio, civilista, è ricordato ancora oggi come uno degli avvocati che hanno formato la scuola dell’avvocatura napoletana).

Nel corso della sua vita professionale, si era dedicato anche a chi non aveva mezzi economici. Il bisnonno aveva, tra i tanti, difeso Concetta Muccardi contrabbandiera di Forcella la cui vicenda aveva ispirato Vittorio de Sica per il film “Ieri oggi e domani”. Nella foto che segue De Sica e la Loren con la “vera” contrabbandiera, nello studio del bisnonno.

Si era interessato per farle concedere la grazia quando era stata arrestata fallendo nel suo stratagemma per evitare la prigione. La Muccardi aveva trovato una soluzione per non andare in carcere: fare figli. Una donna in gravidanza non può essere arrestata e lei lo era di continuo; nel film quando arrivano i carabinieri per arrestarla gli scugnizzi e le sue colleghe contrabbandiere gridano “tena a panza”.

La grazia le fu concessa dal Presidente della Repubblica Gronchi.

Nella foto precedente, scattata nello studio del bisnonno Andrea, in Piazza Calenda a Napoli nel 1963 (anno in cui fu girato il film), sono ritratti sorridenti e rivolti verso l’obiettivo, al centro Vittorio De Sica il regista, con la bellissima Sofia Loren, a destra il bisnonno con il marito di Concetta, Pasquale Prisco; a sinistra Concetta e l’avvocato della produzione del film. La foto è stata ritrovata tra le carte del bisnonno che aveva seguito la causa per il contrabbando di sigarette e poi la richiesta della grazia; poi il nonno Emidio ha continuato a conservarla nel suo studio, inoltre ne sono state fatte delle copie che oggi sono incorniciate ed esposte sia in casa mia sia dei miei nonni. La nonna mi ha raccontato che il bisnonno guardando questa foto commentava: “Veramente somigliante la Coppia Muccardi Prisco alla Loren e a Mastroianni, due gocce d’acqua.

Emidio studiò al Pontano mantenendo negli anni rapporti stretti con tutti i compagni del Liceo, che tennero fede al patto solenne sottoscritto alla fine del ciclo di studi: ogni anno si incontravano organizzando un pranzo. Al 50^ anniversario della licenza liceale per ricordare l’evento celebrano con una targa lo loro amicizia fraterna.

Emidio seguì poi le orme del papà Andrea diventando avvocato.

Sposò la nonna Maria Rosaria il 16 giugno 1966. La cerimonia si celebrò nella Chiesa di S. Antonio a Posillipo e poi festeggiarono (sotto una foto del matrimonio) all’Hotel Excelsior sul lungomare. Come da tradizione si partiva dopo la cerimonia per il viaggio di nozze, che i nonni fecero con la FIAT 127 attraversando l’Europa sino ad arrivare a Capo Nord!

In questa foto, il nonno è la nonna sono stati immortalati in Via Caracciolo, nei pressi del Borgo Marinaro, proprio nella 127 mentre salutavano gli invitati. La foto fa parte dell’album fotografico del matrimonio, realizzato dallo studio Foglio. La nonna ricorda con un po’ di malinconia il giorno del suo matrimonio perché oggi che il nonno non c’è più a lei manca tanto. Il nonno lavorava molto, ma aveva anche tante passioni.

Amava i libri che conservava nella sua splendida libreria dove puoi trovarne su ogni argomento: dal diritto alla pittura, dalla letteratura alle tradizioni napoletane, ma anche libri di cucina di musica e tanti altri ancora.

Lo studio del nonno, foto di Maria Rosaria

Amava girare per le storiche librerie di Napoli il sabato mattina e ritornava a casa sempre con qualche nuovo acquisto. Amava la musica, collezionava CD non solo di musica classica, ma anche di autori napoletani classici.

La collezione di musica del nonno, foto di Maria Rosaria

Aveva una passione anche per ii pastori della tradizione napoletana che gli venivano regalati da parenti ed amici.

Il Presepe a casa di nonna, foto di Maria Rosaria

Al nonno piacevano tanto anche i film di Totò, che vedeva e rivedeva centinaia di volte e sempre, come mi raccontano la nonna e la mia mamma, rideva a crepapelle. La passione per Totò è passata anche alla mia mamma, che ora sta cercando di trasmetterla anche a me. Il nonno conservava con amore tutti i ricordi di famiglia, ovvero tutti gli oggetti che nel corso del tempo avevano fatto parte della vita familiare. Aveva ritrovato nello studio del papà Andrea le medaglie al merito scolastico del prozio Gioacchino, risalenti alla fine dell’800.

Le medaglie al merito scolastico dello zio Gioacchino, foto di Maria Rosaria

La famiglia era per lui molto importante e amava riunire tutti organizzando, in estate quando era libero dal lavoro, lunghi pranzi e “pizziate”, sfruttando il forno a legna che c’era nella casa di S. Agata.

Nella casa di S. Agata sui due golfi, riuniva i fratelli, che vivevano tutti in città diverse, con i loro figli, i numerosi cugini della mia mamma. In questa foto di gruppo, conservata dalla nonna e scattata nel giardino della villa, sono inquadrati, a formare un grappolo umano che occupa quasi tutto il campo, al centro, nonno Emidio e nonna Mariarosaria, intorno a loro i figli e i fratelli del nonno con i rispettivi figli. Mia madre è quella seduta in seconda fila da sinistra che si copre il viso con le mani. La foto è stata scattata in un’estate degli anni ’90 ed è importante nella mia famiglia perché fu stampata e incorniciata da tutti i membri dopo la scomparsa prematura del fratello del nonno, Vittorio. Si racconta spesso, guardando questa foto, del periodo felice in cui ci si incontrava nella casa di vacanza del nonno.

Altra sua passione era la splendida costa di Marina del Cantone, nelle foto 12 e 13 successive, dove, quando il mare non era troppo freddo, faceva lunghi bagni parlando con i suoi amici.

Eccolo in primo piano sullo sfondo della costa di Marina del Cantone, nell’estate del 2016, in un momento di rilassamento.

Il lavoro era importante per lui, ma era soprattutto una passione. Amava insegnare ai suoi praticanti, spiegava con amore il diritto. Ancora oggi lo ricordano con grande sincero affetto come ho scoperto quest’anno nelle parole scritte nell’anniversario della sua morte da Lucia una sua allieva. E’ un post pubblicato sul social Facebook.

Nel cercare il materiale per questo lavoro, la mia mamma ha ritrovato un articolo de Il Mattino che parla del nonno come l’avvocato dalla parte dei deboli e, leggendo le parole di Lucia, ho capito il motivo: era un uomo buono. Anche se è morto quando avevo 8 anni, ho tanti ricordi del nonno e i miei ricordi si alimentano ora con i racconti di chi gli ha voluto bene.

Ho scelto di raccontare la storia di nonno Emidio anche perché penso che i nonni, tutti i nonni, hanno storie belle ed appassionanti da raccontare.

Una FREDDA guerra… , di Matteo Vitale, III A

Quella che vi voglio raccontare è la storia del mio bisnonno materno. Ho trovato nei cassetti di un armadio dei miei nonni tanti ricordi… fotografie, lettere, cappelli e divise, giochi di altri tempi… Quello che mi ha più colpito è stato il racconto sulla vita del mio bisnonno Sabatino e della sua partecipazione alla Seconda Guerra Mondiale.

Si chiamava Sabatino Manfredi ed era nato il 23 gennaio del 1917, era il terzo di sei figli e i suoi genitori si chiamavano Amalia e Egidio (nome che poi fu dato al mio nonno materno, suo secondogenito).

FOTO 1

Il mio bisnonno, 1954, 10 cm x 15 cm

Eccolo qui, ritratto in una bella foto in primo piano in una occasione ufficiale. Sulla divisa sono visibili i simboli delle Campagne a cui prese parte, nonché i gradi.

Il suo papà morì molto presto e, a quei tempi, nelle famiglie così numerose, toccava ai figli maschi farsi carico della mamma e delle sorelle. Fu così che essendo il primo figlio maschio fu subito iniziato alla leva militare e, appena raggiunta la maggiore età si arruolò nell’esercito Italiano, siamo nel 1935.

Soltanto 5 anni dopo, ahimè, l’Italia entrò in guerra, nell’ambito del Secondo Conflitto Mondiale. Il mio bisnonno era arruolato nella sezione dell’Artiglieria Pesante e faceva parte delle truppe che si muovevano sui carri armati (i Panzer). Ebbe il suo battesimo di fuoco con la Campagna dei Balcani, prendendo parte all’invasione della Jugoslavia. Si registrò una vittoria per l’Asse e si spianò la strada per l’avanzata verso la Russia. Partirono dalle basi in Albania, a Zara e in Istria e scesero a mano a mano nel territorio del Regno di Jugoslavia con divisioni di fanteria, motorizzate e corazzate. Il mio bisnonno si occupava anche degli approvvigionamenti e quindi doveva procurare beni di primissima necessità e derrate alimentari per la sezione a cui era stato affidato.

Dopo poco, ebbe inizio la Campagna di Russia. Qui il racconto si fa più duro: raccontava di grandi sofferenze dovute al freddo, alla mancanza di viveri, alla perdita di tanti commilitoni ormai diventati suoi amici. L’evento più drammatico corrisponde al racconto della Battaglia soprannominata della “Sacca del Don”. È il 26 gennaio del 1943 e mentre il grande inverno russo sferza le truppe, le residue forze dell’Asse cercano caoticamente di ripiegare nella parte meridionale del fronte orientale, a seguito del crollo del fronte sul fiume Don. Gli ultimi resti delle forze italo-tedesche-ungheresi, si trovano a dover affrontare alcuni reparti dell’Armata Rossa che si era stabilita nella cittadina di Nikolaevka per impedire la loro fuga. Di fatto, si ritrovarono accerchiati nella cosiddetta Sacca del Don.

 Il mio bisnonno Sabatino, insieme ad altri commilitoni che lo aiutarono nell’impresa, riuscì a salvare molti soldati, nonché il suo capitano, svuotando i camion che erano destinati al trasporto di viveri, armi, benzina e altri mezzi di sostentamento e riempiendoli di uomini, permettendogli in questo modo di superare l’accerchiamento e sfuggire a morte certa. In quella battaglia persero la vita 3.000 soldati, ma se ne salvarono in questo modo più del doppio.

Riuscito a sopravvivere a questa atroce esperienza, che lo segnò per sempre, rientrò in Patria e fu mandato prima a Bologna, poi a Firenze. In questo periodo andava e veniva da Napoli con il treno, che allora ci metteva tantissimo tempo a compiere i tragitti.

Ebbe anche la fortuna di incontrare l’amore della sua vita nella sua città natale e dopo un lungo fidanzamento, rigorosamente “in casa” (non poteva uscire da solo con la fidanzata, ma sempre accompagnato dalla mamma di lei!!!) finalmente il 5 gennaio del 1948 si sposò con la mia bisnonna Immacolata Esposito (per noi tutti in famiglia, Titina). Nel 1951 e nel 1954 ebbero due figli maschi il primo, Pio, il secondo Egidio, che poi sarebbe diventato papà della mia mamma.

FOTO 2

Titina a Napoli, 1945, 12 cm x 18 cm

Ecco la giovane Immacolata, è il 1945, ritratta a via Toledo nei pressi dell’edificio storico del Banco di Napoli, con alle spalle un gruppo di militari. Era normale, in quegli anni, vedere soldati per le strade delle città.

FOTO 3

Titina e suo figlio Pio, Napoli, 1949, 10 cm x 15 cm

Ed eccola sfoggiare con orgoglio il suo primogenito.

Quando finalmente fu definitivamente stanziato a Napoli, faceva parte della 10° SEZIONE O.R.M.E. Officina Riparazioni Mezzi Esercito come Furiere cioè addetto al controllo anche amministrativo dei pezzi di ricambio dei mezzi e delle derrate alimentari per la sezione.

FOTO 4

Sabatino in caserma con i suoi Commilitoni, 1962, 12 cm x 12 cm

Eccolo qui in una foto degli anni sessanta che lo ritrae in Caserma coi suoi commilitoni.

Andò in pensione nel 1978 e fu congedato con la Medaglia a Croce alla carriera militare con il Titolo di Aiutante Maresciallo Maggiore con l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica datagli dall’allora Presidente Pertini.

Mia mamma mi racconta che era un ottimo cuoco, un papà, un nonno e un marito affettuosissimo, rigido nelle regole ma estremamente legato ai suoi affetti, forse proprio perché aveva rischiato più e più volte di perderli o di non avere la possibilità di avere una famiglia tutta sua.

Un aneddoto che da sempre accompagna il ricordo del mio bisnonno è che ogni volta che la famiglia si riuniva a casa sua per il Natale, la Pasqua o altre ricorrenze…si diceva che lui cucinasse “per un reggimento”, ma senza mai sprecare neppure una briciola!!! Forse proprio perché quel suo dover sostentare e procurare cibo per i suoi compagni di guerra lo aveva profondamente coinvolto.

Purtroppo non ho avuto la possibilità di conoscerlo perché è morto prima che io nascessi, il 2 novembre del 1997, ma in compenso eccomi qui in una bella foto del 3 novembre 2005, che mi ritrae appena nato accanto alla mia ormai novantenne bisnonna Titina, sua moglie, visibilmente euforica, molto orgogliosa ed emozionata per l’arrivo del suo primo pronipote.

FOTO 5

Io e la mia bisnonna; 3 novembre 2005, 9 cm x 16 cm

Dedicato a mia nonna, di Lorenza Chianese, III E

La storia che voglio raccontarvi, è quella di mia nonna, Mariarosaria D’Avino, una persona davvero speciale, che ha vissuto e vive una vita dinamica e piena di amore. È nata nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, l’8 Luglio del 1941, a Somma Vesuviana, seconda di cinque figli di cui quattro maschi.

Raffaele D’Avino (il padre di mia nonna) – Fotografo: Antonio Capuano- Somma Vesuviana, 1941 (13,2 x 8 )

In questa foto, a figura intera, è rappresentato il padre di mia nonna, Raffaele D’Avino. Nel 1941 era militare. Qui Indossa l’uniforme del 30° reggimento di fanteria. E’ un ritratto scattato in uno studio fotografico, come si capisce dal fondale dipinto e dalla colonnina con vaso su cui poggia la mano.

Raffaele faceva il pompiere ed era sposato con Assunta Parisi (prima di dieci figli!) che invece era casalinga. Vivevano a Somma Vesuviana. Quando Raffaele andò in guerra, nel 1941, Assunta era incinta di  due gemelle, di cui una sarebbe stata mia nonna. Dato che il bisnonno voleva essere presente al momento del parto, si misero d’accordo che Assunta si sarebbe finta malata grave così, ricevuta la comunicazione, il comando militare gli avrebbe dato il permesso di tornare. Nel 1941, quando venne il momento della nascita, l’unico ginecologo che c’era a Somma Vesuviana era andato in guerra anche lui, quindi chiamarono un’ostetrica che fece nascere prima mia nonna ma l’altra bimba la vollero far nascere il giorno dopo. Il cordone ombelicale si infettò morirono la bambina e anche Assunta, madre naturale di mia nonna. I parti avvenivano in casa e c’erano spesso rischi di morte per le donne. Ho trovato un video del 1953 nell’Archivio dell’Istituto Luce dedicato alle ostetriche e al loro ruolo a volte accanto al medico, altre volte in situazioni disagiate. Ci sono delle scene relative allo svolgimento del parto in una casa di un paese di campagna che mi hanno colpito molto. I parti in casa cominciarono a diminuire solo negli anni ’60.

Dopo l’accaduto, a Raffaele arrivò un telegramma con cui gli veniva comunicato il decesso della moglie ma lui, pensando al loro accordo, non si preoccupò. Solo all’arrivo a casa si trovò di fronte al tragico evento.

Raffaele D’Avino e Luisa Parisi, Somma Vesuviana, 1943 ( 13×8,5 )

Dopo questo lutto, Raffaele fu congedato perché vedovo con già due figli e, come accadeva spesso in quegli anni, si risposò con la sorella di Assunta, Luisa Parisi , per dare una madre ai bambini. In questa foto Raffaele e Luisa sono ritratti nel 1942, poco prima della partenza per il viaggio di nozze, a Pompei. Non deve stupire la meta della loro luna di miele, a pochi chilometri dalla città in cui vivevano, poiché non erano previsti lunghi viaggi per gli sposi a quei tempi; anche così era un lusso.

Luisa e Raffaele sono molto eleganti: lei indossa un tailleur e il cappotto di pelliccia, cappello, guanti e ha una bella borsa; lui veste con un cappotto tipico da viaggio, camicia cravatta e guanti.

Luisa Parisi (zia di mia nonna) e mia nonna, Somma Vesuviana, 1942- (13 ,2 x 8 )

Questa foto è stata scattata nel 1942 da un fotografo. La bimba seduta sul trespolo è mia nonna, Mariarosaria, all’età di diciotto mesi e la donna al suo fianco è Luisa, sua zia, che l’ha cresciuta da madre. Anche questa è una foto scattata in studio. Mi intenerisce perché penso che mia nonna non sapesse della morte della sua madre naturale; è luminosa ed ha un viso paffuto e lucido che mi fa pensare alle bambole di porcellana. Luisa è seria e leggo la tristezza nel suo sguardo che non guarda l’obiettivo, forse portava il peso del dolore per la perdita della sorella ed era consapevole della sua responsabilità. I loro sguardi non si incrociano; Luisa tiene per la manina la nonna, incapace di un gesto più materno.

Nessuno disse alla piccola Mariarosaria che Luisa non era la sua vera madre, fino a quando, a cinque anni, mentre stava a casa di sua nonna, vide una foto di Assunta. Chiese alla nonna chi fosse quella donna e lei le rispose che era la sua vera madre morta alla sua nascita. Mia nonna rimase sconvolta ed una volta tornata a casa sua, non fece domande e non tirò mai più fuori l’argomento. Nonostante questo, oggi mi racconta che quando la zia la sgridava e la richiamava, pensava sempre a come sarebbe stato se avesse avuto la sua mamma. Da queste foto non traspare nulla della guerra che era in atto però la nonna ricorda molto bene i momenti in cui, durante i bombardamenti, lei e il primo dei suoi fratelli dovevano correre nei “ricoveri”, in genere nelle cantine e negli scantinati dei palazzi.

Mia nonna a sinistra, al centro Vincenzo e a destra Giuseppe, fratelli di mia nonna , Somma Vesuviana, via Macedonia 54, 1951 ( 9,5 x 6,3 )

Questo scatto è del fratello di Luisa che veniva da Milano ed aveva acquistato una nuova macchina fotografica. Era il 1951: mia nonna è la bambina a sinistra, quello al centro è il fratello, Vincenzo che aveva tre anni, quello a destra è l’altro fratello, Giuseppe, all’età di sei anni. Il fotografo ha inquadrato, leggermente dal basso, i tre bambini che sembrano guardare l’obiettivo con un misto di timore e sorpresa. Mariarosaria mette una mano protettiva sulla spalla del fratello più piccolo che come l’altro ha in mano un monopattino con una sola rotella. I monopattini li avevano montati i due fratelli. Funzionavano così: un bambino guidava il monopattino spingendolo in avanti e gli altri dovevano rincorrerlo. Giocavano tutti i giorni in cortile al salto alla corda, alla campana, improvvisavano recite e organizzavano tanti altri giochi all’aria aperta. Oggi, non è più così; ormai i bambini giocano con giochi comprati che sono più funzionali e più belli esteticamente, ma si è forse perso il vero senso del giocare. Mia nonna, avendo quattro fratelli, è sempre cresciuta facendo giochi da maschi, senza mai avere una bambola. Ha vissuto nel benessere grazie alla posizione economica della famiglia che, oltre a contare su proprietà immobiliari, svolgeva attività di vendita di frutta.

il sacrestano, il sacerdote, mia nonna, il padre di mia nonna, Santuario di Pompei, 1959 ( 9 x 14)
 

Questa foto è stata scattata nel 1959 per immortalare il momento in cui mia nonna, dopo aver superato l’esame per la patente automobilistica ed aver ricevuto in dono un’auto, partecipa al rito della benedizione delle auto che ancora oggi si svolge nel famoso Santuario di Pompei. La foto è in bianco e nero e ritrae, in piano americano, il sacrestano, il sacerdote benedicente, mia nonna, suo padre e l’auto. Mia nonna ha diciotto anni. Lei è stata la prima nel suo paese a possedere e guidare un’auto. Iniziò a guidare così presto perché suo padre, anche se era vigile del fuoco, non sapeva guidare. L’Italia in quegli anni viveva ancora nel benessere del boom economico e le donne al volante, segno di emancipazione, erano diventate molto più numerose come si vede in questo video dell’Istituto Luce.

Mia nonna e mio nonno,- Sorrento, 26/09/1964, ( 18 x 13)

Era il 26 settembre del 1964 quando mia nonna si è sposata con mio nonno, Salvatore Chianese che faceva parte di una famiglia di professionisti ed era un dirigente dell’ Intesa San Paolo di Torino. Questa foto è stata scattata a Sorrento dove ebbe luogo luogo il ricevimento di nozze. Gli sposi sono ritratti a figura intera sullo sfondo del panorama: una tipica inquadratura dei servizi fotografici matrimoniali. Si sono conosciuti nel 1961 e da lì è nata la loro storia d’amore, una storia che non finirà mai. Nel 2009 mio nonno è volato via per un tumore ai polmoni, a causa del fumo. Nonostante questo, la nonna mi dice sempre che lei dimentica sempre tutto, ma non perderà mai la memoria del nonno.

Mia nonna e mio nonno con i figli, Baia Domizia, 1976 (18 x 11,8)
 

Nella foto, a colori, ci sono i miei nonni con i loro quattro figli. A sinistra c’è mia zia Tina che è la terza in ordine di età, affianco a lei c’è Annamaria che è la prima, poi mia zia Lisa e infine mio padre Francesco che è l’ultimo. Qui si trovavano a Baia Domizia dove trascorrevano le vacanze estive e lo zio Vittorio, fratello del nonno, ha scattato questa foto. Baia Domizia è una località del litorale campano che ebbe un grande sviluppo edilizio tra anni ’60 e ’70 e diventò la metà balneare di molte famiglie.

La nonna mi dice sempre che avrebbe voluto avere altri figli,almeno altri quattro, ma non è stato possibile perché la figlia Lisa contrasse una febbre molto alta che le provocò la paralisi di tutto il lato destro del corpo. I miei nonni sono stati in giro in tutta Italia per consultare dottori e cercare strutture ospedaliere per curare la figlia.

Oggi zia Annamaria ha una figlia ed è una pediatra, zia Lisa è laureata e anche lei ha una figlia, zia Tina fa l’avvocato ed ha due figli e mio padre lavora in banca ed ha tre figlie. Le mie zie e mio padre sono molto uniti tra loro e si aiutano e sostengono in ogni occasione.

Queste due foto sono più recenti. La prima è stata scattata da me. E’ un autoscatto, infatti io appaio, tagliata sulla destra, mentre cerco alzare l’inquadratura per far entrare tutti nella foto. E’ di questo Natale e la nonna è l’ultima sulla destra, con il pullover chiaro. La seconda foto è stata scattata nel 2011 e stiamo festeggiando i settanta anni della nonna; lei è la quarta in seconda fila, raggiante tra nipoti, figli e parenti.

Oggi, la nonna è per tutta la famiglia un punto di riferimento, un faro che illumina il nostro cammino e se siamo tutti così uniti è solo ed esclusivamente grazie a lei. E’ sempre pronta ad aiutare, a dare una mano mettendo la cura per gli altri prima di quella di sé stessa. Non ha mai conosciuto la madre, ha affrontato perdite dolorose e difficoltà, ma è sempre riuscita a trovare la forza di andare avanti. Questa narrazione è un tributo a lei, alla sua forza, alla sua presenza e l’ho costruita grazie ai suoi racconti. So che non vede l’ora di leggerla e questo pensiero mi emoziona.

Salvò tutti tranne se stesso, di Gian Carlo Rubino, III A

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Ciao a tutti! Mi chiamo Gian Carlo Rubino  e sono molto contento di  raccontare la storia dei miei avi e in particolare dello zio di mio padre, Francesco Rubino, nato a Salerno il 3 novembre 1910 e morto tragicamente nel … Continua a leggere