Il gioco e i cinque sensi di Alessandra Zanotta 1^ A

Qui è ritratta mia nonna Giovanna all’età di due anni, del settembre 1950.

Ogni estate mia nonna veniva invitata da suo zio Raffaele a trascorrere le vacanze con lui in un piccolo paese della Sila, Decollatura, in provincia di Catanzaro. Nella foto possiamo notare la piccola Giovanna che gioca con una sua parente di nome Giuliana; il suo giocattolo preferito in quel momento era un secchiello.

Insieme si trovavano nel giardino di casa, con grandi aiuole di dalie colorate.

Sullo sfondo possiamo notare un cane bianco, Lola, con il pelo lungo e soffice con il quale mia nonna giocava spesso.

Questo legame fra Lola e mia nonna ha sviluppato in lei un forte amore per i cani e tutti gli animali.

La mia nonna era la più piccola di casa e veniva attorniata da zii e cugini grandi i quali le insegnavano a riconoscere i tipi di ortaggi e le piante aromatiche. Spesso andavano nei campi dove i contadini mietevano il grano o bacchiavano i legumi. E già da allora nacque in mia nonna una passione per le attività  rurali.

La nonna mi racconta che dopo cena uscivano per delle passeggiate a caccia di lucciole. Infatti, l’aria pulita, priva di inquinamento, favoriva l’esistenza di alcuni insetti che ora sono quasi estinti.

Dopo tutti questi racconti ho capito che la vita di allora era molto semplice: c’erano pochi giocattoli, niente televisioni, niente cinema, i suoi unici divertimenti erano andare nei campi e scoprire come raccogliere il grano, guardare incantata le lucciole, giocare con Lola.

Cronaca emotiva di un trasferimento, di Francesco Caruso II E

Mia zia Adriana, che è nata a Napoli, nel 2023 si è trasferita a Washington, la capitale degli Stati Uniti perché il marito, mio zio Claudio, doveva spostarsi per lavoro. Insieme a loro c’erano anche i loro figli, Manu e Lolla, che sono multilingue, infatti parlano il francese l’inglese e l’italiano. I miei zii, prima del trasferimento in America, si trovavano in Francia dove hanno vissuto per un po’. Mia zia non conosce bene l’inglese e quindi sta facendo dei corsi per impararlo. L’ho intervistata per questo progetto e mi ha raccontato che il trasferimento è stato abbastanza faticoso. Prima di trasferirsi definitivamente sono tornati in Italia, dalla Francia, per le vacanze estive.

Questa foto, del 14 luglio 2023, ritrae i miei cugini, Manu e Lolla, con dei loro cugini. Si trovavano in Cilento, sulla barca di mio zio. Questa fase possiamo definirla vacanza pre- emigrazione perché appunto questa è stata l’estate prima della loro partenza: erano sia felici, perché in compagnia dei loro cugini e di zio Genny, ma anche tristi e nostalgici poiché loro sarebbero partiti a breve per un altro continente. Questa foto si trovava nel telefono “Europeo” di mia zia poiché vivendo in Francia aveva una sim europea che ha dovuto cambiare con una americana anche se ovviamente il telefono europeo è gelosamente conservato da mia zia perché al suo interno contiene molti ricordi di quando era in Francia.

Anche questo scatto è stato realizzato nella stessa vacanza in Cilento. I cuginetti stavano mangiando una mozzarella (19 luglio 2023). Mia zia, autrice della foto, racconta della felicità dei miei cugini nel gustare i sapori della Campania. Prima di partire hanno fatto la scorta di prodotti (mozzarella ecc) sia da portare sia nella loro pancia; infatti hanno mangiato di tutto: babà, sfogliatelle, mozzarelle e i cibi tipici napoletani di cui loro sono cugini sono molto golosi. La zia dice anche che sentono molto la mancanza di questi cibi (come biasimarli). Quando li ho sentiti al telefono, i miei cugini hanno dichiarato di essere in astinenza!

Questa foto è stata scattata il 27 luglio 2023, nell’aeroporto di Parigi poco prima della partenza per gli USA. Sono arrivati a Parigi da Napoli poiché avevano trascorso le loro vacanze lì. I loro bagagli invece erano già partiti da un pezzo.  I miei zii e i miei cugini erano molto impazienti di partire per vedere la nuova casa e conoscere nuove persone.

Tra l’altro, avevano molti bagagli, per la precisione 12: una faticaccia il trasporto! Questa fase possiamo chiamarla “trasferimento vero e proprio”; una fase in cui appunto ci sono le emozioni: magari tristezza di abbandonare casa e amici, nostalgia ma anche impazienza di iniziare da zero una nuova vita in America, un altro continente tutto da esplorare per conoscere, per fare nuove amicizie, per confrontarsi con una nuova cultura, abitare una nuova casa , adattarsi a nuovi luoghi di svago e non.

Questa foto, scattata il 27 luglio 2023 alle ore 10 e 50, ritrae mio zio, per loro nonno Gennaro, insieme ai miei cuginetti all’aeroporto di Napoli in partenza per la Francia per poi arrivare a Washington. Mia zia racconta che, per i troppi bagagli, hanno dovuto usare due macchine con due accompagnatori volontari della famiglia. Avevano anche relativamente pochi bagagli perché il trasferimento generale era già avvenuto da Tolosa in Francia, dove abitavano da ormai qualche hanno e dove hanno lasciato un pezzo di cuore. Questa è sempre la fase di trasferimento come spiegato prima ma qui non si stava pensando tanto a una nuova vita ma anzi a quella vecchia, alle origini ,ai della propria infanzia dove si è cresciuti. Quindi prevalevano un senso di nostalgia, di tristezza e di vuoto nei cuori dei miei zii e dei miei cugini ma anche dei loro familiari.

Questa foto, del 7 luglio 2023, ritrae mio zio Claudio che guarda l’interno di un container di dodici metri che stava per partire carico dei loro mobili, oggetti…insomma tutto. E’ stato un momento in cui regnava un senso di vuoto e disorientamento perché vedere la propria casa svuotata di tutto, quasi senza una anima, che piange disperazione non è bello. C’è anche tristezza nel veder quel grosso container che si allontana con tutta una casa, con dei ricordi che non sai se arriveranno tutti, quindi si aggiunge un senso di preoccupazione e di paura.

Questa foto, in ogni caso, ha una storia molto grande dietro: perché il container è partito dal porto di Tolosa, Francia, per arrivare al porto di  Tolone, sempre in Francia, per poi ripartire verso Baltimora negli USA, per poi ripartire finalmente per Washington, arrivando tra l’altro 5/6 settimane dopo degli zii, lasciandoli quindi senza mobili per un po’ di tempo.

In questa scatto del 28 luglio ore 11, i miei cuginetti sono arrivati in America; gli zii avevano appena noleggiato, di fronte all’aeroporto, una macchina,  per la precisine un pick-up per po’ per fare bella figura e per divertirsi. In realtà questa scelta non si è rivelata la migliore perché con un’auto così non è comodo, ad es. fare la spesa quando piove poiché le buste si allagavano. Infatti dopo due giorni sono corsi a restituirla. Quindi bello sì, ma neanche troppo, anche se miei cuginetti si sono divertiti molto e come biasimarli: non è stato forse il sogno di tutti andare su un pick-up? Secondo me sì. Erano comunque nella fase che possiamo definire di “adattamento” perché magari, tra un giro della città e una visita ai negozi, si sono visti un po’ dei luoghi che li avrebbero ospitati per un bel po’ di tempo e si sono anche divertiti.

Questa foto, del 1 agosto 2023, ritrae i miei cuginetti a guardare la tv nella casa in America, dove vivono tutt’ora. C’è un aspetto divertente che mi ha raccontato mia zia dietro questa foto. Un giorno, quando non era ancora arrivato niente dei loro bagagli, i miei cuginetti si stavano annoiando allora con gli zii sono usciti di casa e si sono recati in un grande magazzino e hanno deciso di comprare un televisore. Il problema però era che non avevano proprio niente e allora hanno dovuto mettere delle coperte sul pavimento su cui stendersi mentre i loro  genitori montavano alcuni mobili che avevano comprato nello stesso grande magazzino. Il bello è che i miei cugini non hanno fatto una piega e come se niente fosse si godevano il programma in tv. Erano quindi sempre nella fase di adattamento e c’erano emozioni contrastanti. Erano inteneriti dai due piccolini rannicchiati sulle coperte a guardare la tv; avvertivano un senso di vuoto per la casa che non sentivano ancora loro, ma solo come delle mura con poco e niente dentro, ma sentivano anche la felicità di essere arrivati in un posto nuovo, tutto da esplorare.

Questa foto, scattata il 18 agosto 2023, ritrae mia cugina di fronte all’insegna della sua nuova scuola. Lei frequenta la prima elementare e in America le scuole sono molto diverse dalle nostre, per esempio, ogni scuola ha una mascotte in questo caso i leoni. In quel momento era molto emozionata, felice ed euforica perché stava andando ad una festa organizzata dalla scuola per accogliere i nuovi arrivati, conoscere i professori, il preside e i nuovi compagni che la accompagneranno negli anni delle elementari. Anche per i genitori è stata un’occasione per conoscersi.

Questa fase possiamo chiamarla finalmente “vero adattamento” perché si iniziano a conoscere nuovi amici, nuove persone, nuovi posti, nuove culture, nuovi modi di fare e una nuova lingua. Anche mia zia, nello scattare la foto, era molto emozionata e orgogliosa perché vedeva finalmente sua figlia crescere ed andare in prima elementare che è una bella soddisfazione soprattutto se si fa in una nuova citta e in un nuovo continente. Ma d’altronde è una fortuna essere all’inizio di un ciclo di studi perché poteva iniziare magari dalla seconda che sarebbe stato uno svantaggio.

In questo scatto del 24 agosto 2023, mia cugina era al suo primo giorno di scuola, molto eccitata davanti allo scuola bus. La scuola lì comincia il 24 agosto e finisce verso metà giugno anche se loro hanno dei periodi di stop che compensano. Gli scuolabus non hanno cinture di sicurezza e ognuno siede ogni giorno dove vuole: è un’ esperienza per socializzare e divertirsi. Inoltre lì non c’è l’abitudine di accompagnare i propri figli a scuola, ma si va semplicemente con lo scuolabus.

 Mia cugina in questa fase di adattamento vero e proprio è stata molto entusiasta, euforica, carica, felice di conoscere nuove persone, di vedere nuovi posti e di scoprire tutto quello che la circonda soprattutto perché in America si organizzano partite, eventi sportivi, feste e tanto altro come laboratori o gite. Quindi per lei è comunque tutto un’ esperienza molto bella ed eccitante perché propongono sempre nuove attività per divertirsi e conoscere.

Questa è la storia della seconda migrazione della famiglia dei miei zii: migranti due volte, da Napoli alla Francia e poi dalla Francia in America. E’ proprio vero che in ogni famiglia c’è qualche migrante!

Fuga di cervelli, di Arturo Grassi III E

Giacomo Valletta è un amico di famiglia e da tanti anni vive all’estero, in Belgio, dove ha ottenuto un dottorato di ricerca in Economia. È professore di Economia Pubblica all’università di Lille (Francia)

In questa foto , scattata da mio padre Jacopo Grassi (suo amico e collega) nell’ottobre del 2023, Giacomo è ripreso mentre tiene una lezione alla facoltà di Economia dell’università Federico II a Monte Sant’ Angelo. E’ l’istituzione in cui ha studiato negli anni universitari, e negli ultimi 30 anni è rimasta immutata. Era stato invitato a tenere una lezione per alcuni studenti del corso di laurea specialistico in Economia. Antitrust in the new economy, il titolo della lezione.

Ho intervistato Giacomo. La sua emigrazione rientra in quel fenomeno chiamato “la fuga di cervelli”.

 Dato che vive lontano ho avuto con lui uno scambio di e-mail. 

Chi sei? Cosa fai? Dove vivi? 

Mi chiamo Giacomo Valletta, sono nato e cresciuto a Napoli dove ho vissuto fino alla mia laurea (più o meno). Nel 2009 sono partito per il Belgio, dove vivo ancora adesso, vicino al confine con la Francia. 

In questo selfie scattato da Giacomo nel marzo del 2023, lo vediamo all’esterno dell’Edhec Business School a Lille (Francia) con i suoi figli Emma e Paolo.

Sono professore di economia in una Business School (una scuola universitaria in ambito economico e commerciale) francese.. l’Edhec Business School

Come era la tua situazione prima di trasferirti?

Quando ho deciso di partire stavo già facendo un dottorato in Economia all’Università Federico II di Napoli. Di fatto era il mio primo lavoro perché avevo una borsa di studio (il mio salario): ero pagato per studiare. Ero contento ma il mio lavoro avanzava lentamente perché non riuscivo a lavorare a delle cose che mi interessavano davvero. Ero inoltre molto attratto dall’idea di passare “un po’” di tempo fuori dall’Italia, anche se di fatto all’epoca non avevo davvero messo in conto di partire per sempre.

In questo autoscatto del maggio 2008, Giacomo è ritratto con i suoi genitori a Bruxelles.  In occasione del conseguimento del dottorato di ricerca i genitori di Giacomo andarono a trovarlo dove lui studiava.

Chi o che cosa ti ha dato la possibilità di “migrare”? Volevi farlo?

Il coordinatore del mio programma di dottorato (il mio capo) mi ha permesso di usare la mia borsa di studio per un periodo di studio all’estero. Ho cominciato a mandare delle domande in diverse università straniere. Sono stato ammesso dall’università di Tolosa, in Francia (che è un’università molto conosciuta per chi vuole fare economia) e l’università di Lovanio in Belgio (che è molto meno nota): per motivi che non mi sono ancora del tutto chiari ho scelto la seconda.

In questa foto scattata da Giacomo nel 2008, si vede l’ingresso della facoltà di Economia dell’università di Lovanio in Belgio: è il posto in cui Giacomo ha conseguito il PhD (dottorato di ricerca).

Come ti sentivi? Cosa provavi nel lasciarti alle spalle la tua nazione?

Ero abbastanza spaventato anche perché andavo in un posto che non conoscevo per niente, non sapevo cosa aspettarmi. Ero però contento di lasciarmi dietro delle cose che conoscevo e scoprirne delle nuove: era un senso di libertà nuovo.

Questi sono i Corridoi dell’aulario di Monte Sant’Angelo , l’ambiente in cui Giacomo ha studiato negli anni universitari. Lo scatto è di mio padre, Iacopo Grassi (ottobre 2023)

Quando sei arrivato come stavi?

L’università si trovava in un campus piccolo ed un po’ isolato quindi i primissimi giorni sono stati abbastanza difficili. Certo mi mancavano molte cose ma ero anche molto curioso di scoprire la mia nuova vita.

Come ti sei adattato ad un ambiente nuovo?

Dopo il mio arrivo ho cominciato a seguire dei corsi, a conoscere i miei nuovi “colleghi” e ad avere molto lavoro da fare.  In particolare, ho avuto l’opportunità di cominciare a lavorare a delle cose che mi interessavano molto.

Perché sei rimasto all’estero?

Dopo il primo anno in Belgio, mi è stata data la possibilità di continuare a lavorare lì e ricominciare una tesi di dottorato. Ho accettato con piacere perché avrei lavorato a dei problemi che mi interessavano con un supervisor molto bravo e molto attento. Nel frattempo avevo cominciato ad avere molti amici e ho avuto la possibilità di andare ad abitare a Bruxelles, una città dove mi sono trovato molto bene. Alla fine del dottorato ho cercato lavoro un po’ dappertutto, il mio obiettivo non era di tornare in Italia. Il mio primo lavoro l’ho trovato all’università di Maastricht, in Olanda. Poi ho cominciato a lavorare in Francia.

L’Edhec a Lille in Francia è il luogo in cui Giacomo adesso lavora, come professore di Economia e direttore del Master in regolamentazione. Questo è uno scatto di Giacomo, del 2017

In ogni caso ho però sempre abitato in Belgio, dove ho messo su famiglia.

Nell’estate del 2018 per una settimana, siamo stati in vacanza con Giacomo e la sua famiglia (Stephanie, Stephan, Emma e Paolo) in Danimarca. Nella foto ci siamo anche io, mio padre e mio fratello.

Quando torni in Italia come ti senti?

Nel frattempo la mia famiglia si è trasferita in Toscana quindi torno abbastanza raramente a Napoli. In Italia sono sempre contento di tornare, ma non è più casa mia. Con i miei figli parlo solo in italiano, vorrei che comunque loro non si sentissero stranieri quando sono in Italia.

In quest’ultimo scatto, realizzato dal prof. S. Moccia nell’ottobre 2023, nei corridoi di Monte Sant’Angelo, Giacomo (a destra) è con mio Padre Iacopo. E’ tornato alla facoltà di Economia dopo tanti anni come professore invitato.

Nonno Vincenzo, di Alice Roncone

Vi starete chiedendo perché ho scelto proprio lui immagino, beh, siccome è nato nel 1938, ha vissuto la seconda guerra mondiale. Ho provato a fargli ricordare il più possibile e le informazioni che ho ricevuto sono abbastanza utili per farvi capire la sua vita. Mio nonno Vincenzo, chiamato da tutti Enzo, è nato il 4 luglio 1938 a Bari. Pur essendo piccolo durante la guerra, alcune cose se le ricorda ancora; ad esempio, si ricorda bene che quando si sentiva anche solo un piccolo sparo o botto, si nascondevano in delle specie di “bunker” ovvero delle stanza in profondità, dove era più difficile essere trovati. Mi dice anche che nel 1945, quando la guerra finì, per l’Italia fu un grande sollievo siccome le scorte d’acqua stavano finendo.

Nel 1956, quando aveva diciotto anni, faceva il militare, come si può vedere in questo scatto

Nello stesso anno, mio nonno conobbe mia nonna, nelle vie del centro storico. Mia nonna, Rosa,  nata il 26 settembre 1942, a quei tempi non lavorava, o meglio, si occupava delle faccende casalinghe.

In questa foto, il nonno aveva 19 anni e si trovava a Monopoli per una cerimonia di un’amica, come si può immaginare dall’abito elegante che indossa. La foto è stata scattata dalla nonna.

Mio nonno amava veramente tanto nonna Rosa. Il 6 aprile 1964, mio nonno e mia nonna si sposarono e sono ancora, a ottantasei e ottantuno anni, una coppia gioiosa che si vuole un mondo di bene, come testimoniato dalle foto che ho scelto.

Qui sono stati ritratti, da mio zio Francesco, ad una cerimonia di amici, nel 2017. Sono sorridenti e, anche se non si vede, si tengono per mano.

Questa foto è stata scattata a casa dei miei zii a Bari, il 4 luglio 2021, per immortalare mio nonno e mia nonna che si abbracciano all’ottantatreesimo compleanno di mio nonno.

Mia nonna Rosa è appoggiata con la testa sulla spalla di mio nonno Vincenzo ovvero il “festeggiato”. La festa era sul terrazzo di casa dei miei zii e sono stati fotografati mentre, ridendo, stavano per tagliare insieme la torta. Ricordo che, dopo aver fatto la foto, mia nonna ha provato a sporcare mio nonno di torta (fallendo) . Sono state scattate tante foto in quell’occasione perché ridevano e molte venivano mosse. Quel giorno lo ricordo benissimo: è uno dei pochi giorni all’anno in cui vado in Puglia, dove abita tutta la mia famiglia paterna.

Questo lavoro, anche se ricavare fonti per me è stato molto difficile, mi è piaciuto perché ho scoperto che si può credere nell’amore. Per me i miei nonni sono un grande esempio perché, dopo 59 anni, stanno ancora felicemente insieme. Questo progetto mi è piaciuto anche perché mi sono sentita di più con i miei cari nonnini.

Margherita Iaquinto

Per questo progetto ho scelto foto che riguardano entrambi i temi dell’istruzione e del lavoro. Per l’istruzione ho chiesto a mia madre, Diana Galindo Vargas, che è Colombiana, della sua esperienza scolastica. Mia madre non parla molto della sua vita precedente alla venuta in Italia, quindi mi è piaciuto molto ascoltarla.

Questa foto è stata scattata nella primavera del 1998, da un’amica di mia madre. Si trovavano nel cortile del liceo, a Bogotà, ed era l’ultimo anno delle superiori.

Mia madre mi ha raccontato che in questa foto fotografia ci sono tutte le sue amiche più care: jimena Garcia, Lina Rodrighez, Monica Alvarez, Maria Ramires, Marta Sancez ,Catalina Buitrago. Mia madre è la quinta da sinistra. Riprese in questa posa spiritosa, si vede che erano felici di stare insieme.

Un ricordo bellissimo per lei è quello di una gita scolastica al museo dell’artista Van Gogh, nel 1997, con tutte le sue amiche di classe. Mi ha raccontato anche del bellissimo rapporto che aveva con i suoi professori, specialmente con la professoressa di storia dell’ arte . Ancora oggi ricorda i suoi bellissimi insegnamenti. Questi professori per mia mamma furono i migliori di tutta la sua vita ed é per questo che li porterà sempre nel cuore. Lei dice sempre che questi sono stati i momenti migliori della sua carriera scolastica e che quegli anni, pur essendo stati da un lato un po’ complicati, dall’altra invece sono stati bellissimi.

Anche questo scatto è del 1998 e mia madre è sempre con le sue amiche più care. E’ la seconda da sinistra.

Racconta che questo era un giorno in cui le alunne, che avevano avuto i migliori risultati a scuola, venivano premiate davanti a tutta la scuola come studente migliore. La scuola era di sole ragazze e le alunne dell’ultimo anno potevano scegliere di indossare un giubbotto con la divisa che differenziava dalle altre classi di altri anni, magari di alunni più piccoli. La scuola era abbastanza lontana da casa sua, anzi era proprio fuori dalla città e per andarci veniva il pulmino a prelevarla. Mia madre racconta: “La scuola era piena di spazi verdi dove noi facevamo la ricreazione; mangiavamo a scuola per pranzo e uscivamo e ritornavamo a casa  verso le ore 15:30. Il pulmino arrivava sempre in ritardo e ci mettevamo circa un’ora per tornare a casa. In in tutto quel tempo parlavo con la mia migliore amica, Catalina Buitrago, oppure mi riposavo dopo una lunga giornata passata a scuola. Sono stati anni in cui ho incontrato grandi amiche con cui ancora ho un contatto stretto e quando le vedo mi sento come quando avevamo 17 anni. È un’amicizia davvero forte e vera. L’ adolescenza non è un’ età semplice e gli amici sono un supporto molto, molto importante”

Questo bel ritratto è del 2008 ed è stato realizzato qualche giorno prima della laurea in psicologia di mia madre, da un fotografo incaricato dall’università di Salamanca, in Spagna.

Mia mamma ricorda questi anni molto impegnativi a livello accademico, perché doveva studiare trigonometria e chimica che per lei non erano affatto semplici quindi fu costretta a prendere lezioni private. Invece la filosofia, che era un’altra materia, la trovava molto interessante. Nonostante la trigonometria fosse una materia per lei abbastanza noiosa, ha bellissimi ricordi dell’insegnante: era molto buona e cercava di risolvere i suoi dubbi, anche di fronte alla sua scarsa voglia di studiare. Anche la fisica era una materia che le sembrava molto interessante.

Ancora per il tema dell’istruzione, mia nonna, Silvana Puopolo, mi ha mostrato un quaderno che io ho fotografato.

Questo é  il quaderno del dettato di mia nonna, del 1962 quando frequentava la quinta elementare. L’ho trovato in un cassetto a casa sua e per lei ha un valore inestimabile, è tra i ricordi  più belli  della sua infanzia. È’ un quaderno piccolino e al suo interno vi sono diversi dettati con i voti e le date di ogni singolo giorno. Lei mi racconta che aveva quaderni per ogni materia, per la matematica, grammatica, storia, geografia, ecc. ecc. Dalla copertina possiamo leggere il nome della scuola, “Istituto Froebeliano Vittorio Emanuele”,  che tutt’oggi esiste nei pressi di piazza Cavour.   La scuola forniva a pagamento quaderni personalizzati con il nome dell’istituto. La mamma di mia nonna , cioè la mia bisnonna, ha conservato  questo quaderno dal 1962 , insieme al cestino porta merenda in vimini con una targhetta in metallo con il suo nome. La nonna racconta che i quaderni erano tutti uguali e venivano ricoperti con le foderine in plastica trasparente e dovevano essere tenuti con la massima cura, senza fare orecchie ai fogli  e cancellature. I quaderni insieme ai libri venivano raccolti nelle cartelle e non negli zaini come fanno i ragazzi oggi. Le matite, le penne rosse e blu, i pastelli, la gomma e il temperamatite, venivano conservati in un portapenne in legno con il coperchio scorrevole. I banchi degli alunni erano completamente in legno con il piano leggermente inclinato e incernierato per accedere ad un piano sottostante sul quale si poggiava la cartella. Sul piano vi era una scanalatura per la penna e un foro rotondo per reggere il calamaio con l’inchiostro. Nel 1962 le penne stilografiche erano state già sostituite con la penna biro.

Questa calcolatrice era quella che mia nonna usava all’ università; si chiama calcolatrice scientifica, di marca Casio

 Questa calcolatrice mia nonna si ricorda che la portava a scuola e oggi ancora funziona bene. Abbiamo trovato questo strumento in uno scatolino insieme ad altri oggetti del passato. Osservando la calcolatrice si notano i tasti ingialliti dal tempo pur essendo ancora perfettamente funzionante. L’uso di questo oggetto rendeva veloci e semplici anche calcoli molto complessi che avrebbero richiesto più tempo per essere effettuati. La calcolatrice funzionava con le pile , aveva dei tasti con molte funzioni come le radici quadrate, le percentuali ecc.La sua caratteristica era la grandissima velocità e la precisione dei calcoli.

Mia nonna racconta che grazie a questa calcolatrice è stato possibile, anche all’università, affrontare esami molto impegnativi come analisi matematica, scienze delle costruzioni, statica ecc. Questa calcolatrice di dimensioni molto ridotte la utilizzava insieme ai suoi compagni di studio, Bruno e Sandro. La calcolatrice fu regalata dalla mamma di mia nonna che fu molto felice. Lei dice che questa calcolatrice non era una semplice calcolatrice ma una calcolatrice scientifica. Mi ripete sempre che è stata di grande aiuto nei suoi studi universitari.

Sempre la nonna poi, per la tematica del lavoro, mi ha mostrato una macchina da scrivere appartenuta a suo padre, Aldo Puopolo (mio bisnonno).

Il bisnonno la utilizzava ad inizio 1950 circa. Questa macchina è presente nello studio di mio nonno, a casa sua, dove l’ho trovata. È una macchina molto antica che oggi ormai non viene più utilizzata. La macchina per scrivere possiamo notare che ha la tastiera con lettere , numeri e simboli; poi c’è il rullo dove si posizionava il foglio su cui scrivere pigiando i tasti che battevano sulla striscia impregnata di inchiostro.

Mia nonna racconta che ogni volta che vede questo strumento si ricorda di suo padre con la sua macchina da scrivere. La macchina funziona ancora abbastanza bene, infatti mia nonna mi ricorda che una volta, quando ero piccola, me la fece provare. Mia nonna non dimenticherà mai i ricordi legati a suo padre.

Infine, il mio nonno paterno, Vincenzo Iaquinto, mi a mostrato un calibro micrometrico.

Questo strumento veniva e viene ancora utilizzato dal mio nonno. Insieme a lui ho potuto scoprire la funzione e come viene usato. Mio nonno mi ha detto che questo oggetto é nato nel 1622 quindi era un oggetto molto antico che ha imparato ad usare.

Il calibro é uno strumento di misura adatto a misurare la larghezza e la lunghezza di un oggetto. In particolare si utilizza per misurare lo spessore di piccoli oggetti, ad esempio, lo possiamo usare per misurare lo spessore di un foglio. Questo calibro parte da 0 fino a 3,5 cm. Una volta i materiali non avevano la precisione di quelli di oggi realizzati con macchinari più sofisticati, per cui era necessario, ad esempio, verificare lo spessore reale dei cavi. Oggi il calibro viene ancora utilizzato principalmente nell’ingegneria meccanica. Ci sono diversi tipi di calibro tra cui troviamo: calibro a cavaliere, il calibro a compasso, calibro a corsoio.

Il nonno mi ha raccontato che il calibro è uno strumento di precisione micrometrico, con il quale si misurano gli spessori dei materiali fini al centesimo di millimetro. Si può misurare lo spessore di un capello o di un foglio di carta , ma anche i metalli. Ha precisato: “Il calibro in mio possesso apparteneva al mio trisavolo, cioè il nonno di mio nonno, dal lato paterno. Si chiamava Angelo ed era un tecnico esperto di ascensori, in un’epoca in cui vi erano pochi palazzi dotati di ascensori e non sempre in buone condizioni. Lui in particolare curava i  sistemi per mettere in sicurezza l’uso dell’ascensore e sono suoi alcuni brevetti per evitare incidenti. Con il calibro in particolare misuravano dei cavi che reggevano la cabina del ascensore.

Capitan Futuro: il mio eroe, di Simone Trapanese

La persona di cui voglio costruire un ritratto è mio padre Alberto ed è proprio lui che ho intervistato. Voglio raccontare la sua storia perché è il mio eroe. Mio padre è nato a Napoli, il 1 agosto 1973 alla clinica Sanatrix, e da lì è iniziata la sua storia. Da piccolo ha frequentato la scuola dell’infanzia Kiddy, una delle migliori del quartiere Rione Alto. All’ asilo, mio padre aveva molti amici, tra i quali Francesco De Cassara con cui ha frequentato le scuole elementari.

Questo scatto del 1983, lo ritrae nell’aula della sua scuola elementare. Indossa il grembiule blu ed è in piedi, molto composto, accanto alla lavagna: è proprio un’aula di altri tempi.

All’inizio delle scuole elementari, mio padre mi ha raccontato che non riusciva a privarsi del suo pupazzo e, anche dopo diverse sollecitazioni da parte delle maestre, non l’ha lasciato solo a casa. Tralasciando questo, è sempre stato molto bravo; grazie agli insegnamenti della maestra Elena, la matematica è diventata la sua materia preferita. Mi ha raccontato che, alla fine delle lezioni, correva velocemente a casa perché alle 16.10 la tv trasmetteva il suo cartone preferito, Capitan futuro, di cui aveva  anche il costume personalizzato. Era un cartone giapponese molto famoso negli anni ’80: Curtis Newton era un orfano che diventa Capitan Futuro e combatte il Male volando nell’universo con la sua astronave

In questo scatto di quegli anni, indossa proprio il costume di Capitan Futuro, impugnando la sua pistola. E’ veramente identificato nel personaggio!

Nella scuola media non ha riscontrato difficoltà nello studio e ha superato l’esame di stato con un elaborato sulle guerre napoleoniche, con “ottimo” che adesso equivarrebbe ad un 10. Ricorda che, alla fine dell’esame, tutti i professori hanno applaudito e ha ricevuto i complimenti dal presidente di commissione.

Questa foto è stata scattata da mia nonna, proprio mentre il presidente della commissione si congratulava con lui.

Durante l’adolescenza mio padre ha viaggiato molto. Andava principalmente in montagna; infatti gli piaceva molto sciare e in camera sua si possono ancora oggi  ammirare i bellissimi trofei dei campionati di sci.

Questa foto è stata scattata da mio nonno, durante una vacanza invernale a Bormio.

Il viaggio che ricorda con più piacere è stato a Firenze, il suo primo viaggio da solo, a 16 anni.

In questi due scatti, è ritratto nella posa classica del turista che si fa immortalare sullo sfondo di monumenti o opere d’arte. Il primo viaggio da soli, senza genitori, ma con gli amici, è sempre il più emozionante! La passione per i viaggi non gli è svanita in tanti anni ed ancora oggi viaggia con noi in tutto il mondo.

Ha frequentato poi il liceo scientifico “Vittorini”: mi ha colpito del suo racconto che ogni giorno studiava la materia della prima ora durante il tragitto da casa a scuola ed andava anche bene alle interrogazioni!

Infine si è laureato con quasi il massimo dei voti all’università ”Federico II”, in Ingegneria chimica.

Mio padre mi ha raccontato che gli anni dell’università sono stati molto impegnativi, soprattutto i primi mesi nei quali si è trovato ad ascoltare lezioni in aule sovraffollate ed ha dovuto imparare a gestire efficacemente il tempo dedicato allo studio. Per i professori era divenuto un numero, non era più il componente attivo di una classe di trenta ragazzi guidati e premiati per i loro successi didattici. Ha comunque conosciuto e frequentato molti ragazzi e ragazze con i quali ha condiviso giornate di studio ma anche di divertimento con uscite serali e partite di calcetto.

Oggi mio padre è un ingegnere chimico, come testimoniano le foto da me scelte. È un consulente dell’azienda Vinavil, un’azienda storica della chimica italiana.

L’ingegnere chimico produce principalmente colle, pitture, vernici ecc. È un lavoro molto complicato da svolgere ma la passione di mio padre per questa attività lo porta a continuare. Ogni quattro anni va ad una fiera in Germania, dove si riuniscono tutti i lavoratori Cominder, Vinavil ecc.. ed anche se lui la reputa una seccatura secondo me è una bellissima esperienza.

Questi due scatti recenti, sono stati realizzati in Germania alla fiera.

Da piccolo mio padre sognava di lavorare come astronauta; mi ha detto che gli sarebbe piaciuto molto viaggiare nella galassia e scoprire nuovi mondi (come Capitan Futuro!), ma alla fine si è dedicato ad altro.

Queste foto riproducono le prime pagine di pubblicazioni realizzate da mio padre e dai suoi colleghi.

Si è sposato l’8 luglio 2006 con mia madre e pochi giorni dopo l’Italia ha vinto i mondiali. I miei genitori infatti hanno guardato la finale dei mondiali in un bar di Sorrento durante il breve soggiorno regalato da mia zia per le nozze.

Eccoli qui , in primo piano, sorridenti e abbracciati. Mi ha confessato che era molto ansioso il giorno del matrimonio mentre dopo, ai festeggiamenti, ha avuto una grande sensazione di felicità.

Mio padre è molto dedito alla famiglia, cerca di trascorrere più tempo possibile con noi, ma spesso è chiamato a viaggiare in altre città per lavoro. Mi ha raccontato che il momento più difficile della sua vita è stato pochi mesi prima che io nascessi, quando è mancato mio nonno. Della sua famiglia rimangono mia nonna, di nome Maria, che spesso ci racconta delle storie dell’infanzia di papà che lui ha sempre negato, e mia zia Fabiana a cui sono particolarmente legato.

In questo scatto recente, sullo sfondo del Castel dell’Ovo, siamo ritratti la nonna, papà ed io: anche la nonna ha collaborato a questa intervista.

Infine ho scelto questa foto in cui ci siamo io e mio padre a Parigi, precisamente nello splendido giardino delle Tuileries, patrimonio dell’Unesco, l’estate scorsa. Lo scatto è di mia madre. Lui è il mio eroe!!!!

Raccontare la storia di mio padre mi è piaciuto molto, sono stato contento di conoscere più aspetti della sua vita e di capire come lui abbia vissuto gli anni scolastici che io adesso sto affrontando. Mio padre si è lasciato coinvolgere con entusiasmo in questo progetto; insieme a mia nonna, è stato felicissimo di ricordare le sue esperienze passate emozionandosi nel riviverle.

Foto nel tempo, di Flavia Forni

Quando la prof De Laurentiis ci ha proposto di costruire narrazioni che attraverso le foto raccontassero I cambiamenti nel tempo, ho pensato subito di coinvolgere mia nonna materna. Mia nonna si chiama Gemma e ha 76 anni; lei conserva sempre gelosamente le foto e i ricordi antichi. E’ una sostenitrice della conservazione dei documenti fotografici in formato cartaceo perché è convinta che le foto digitali possano deteriorarsi facilmente.

Nonna Gemma, Napoli 2020

Lei era quasi più motivata di me e ha subito cominciato a propormi idee interessanti su cui lavorare. Alla fine ho deciso di optare per un tipo di narrazione che comprendesse la storia dell’evoluzione della fotografia e delle macchine fotografiche in generale.

Mia nonna, sempre super contenta di aiutarmi, ha cominciato a raccogliere le foto più antiche che aveva cioè i Dagherrotipi, anche se non siamo sicure che si tratti proprio di questo tipo di fotografie, forse dei ferrotipi. Hanno una base rigida, non di carta infatti ed erano conservate in astucci

Dagherrotipi (?), 1846 ca.

Ho letto in rete che i dagherrotipi sono la prima forma di fotografia realizzata, un unicum su lastra di rame argentata, messa a punto dall’inventore francese Jacques Daguerre (1787-1851), il 7 gennaio 1839, che permetteva di riprodurre con un processo meccanico e chimico le immagini che si formano nella camera oscura.

Su questi presunti Dagherrotipi, purtroppo mia nonna non ha informazioni: non sa chi siano le persone ritratte, né chi avesse scattato le foto, sa solo che risalgono circa alla metà dell’Ottocento.

La seconda foto più antica che mia nonna ha risale al 1864-1865 e ritrae il trisavolo di mia nonna, Michele Pagano dei Pagani e sua moglie, Maria Antonia Ferraioli, con il loro unico figlio (il bisnonno di mia nonna) Ugone Pagano dei Pagani che portava il nome di un suo antenato che pare abbia fondato l’ordine cavalleresco dei templari. Probabilmente, essendo su carta, si tratta di una albumina.

Michele Pagano dei Pagani e sua moglie, Maria Antonia Ferraioli, con il loro unico figlio (il bisnonno di mia nonna) Ugone Pagano dei Pagani , Pagani 1864-65

E’ stata scattata a Pagani in provincia di Salerno, paese dove tutt’ora abita mia nonna. Da questa foto sono stati ricavati due dipinti ad olio, commissionati successivamente dal bisnonno di mia nonna, in cui la trisavola di mia nonna è ritratta in modo identico (come anche il trisavolo di mia nonna)  tranne che per un particolare, cioè che ha un vestito nero, perché quando sono stati realizzati i ritratti, lei era morta. I dipinti ricavati da queste foto sono esposti tutt’oggi nel salone a casa di mia nonna.

Questa foto, se messa a confronto con una scattata molti anni dopo (quasi100), di mia nonna con la sua famiglia, fa notare alcune differenze.

Mia nonna con la madre Cristina e i fratelli Michele e Ernesto, Pagani 1953 ca.

In questa foto i soggetti, cioè mia nonna, sua madre e i suoi due fratelli, sono sorridenti; invece in quella di prima sono assolutamente seri e sembrano quasi concentrati. Mia nonna mi ha spiegato che questo dipendeva da più motivi. Il primo era che una foto richiedeva molto tempo per essere scattata e quindi per i soggetti sarebbe stato scomodo restare in posa molto tempo sorridenti. Il secondo motivo era che, visto che una foto era un evento molto importante poiché abbastanza raro, si preferiva tenere una posa seria per poter conservare la foto e usarla in più ambiti, cosa che non sarebbe stata possibile se la foto fosse stata resa quasi “giocosa” da un sorriso.

Dopo queste prime, mia nonna mi ha fornito una serie di foto scolastiche da mettere a confronto tra di loro. La prima è questa foto risalente all’anno scolastico 1895-96, recuperata dalle carte antiche della mia bisnonna.

Classe maschile, Pagani 1895-96

In questa foto si nota subito il gran numero di studenti, precisamente 53, e la posa del maestro, molto seria e con il cappello sotto il braccio, che fa quasi pensare che nelle foto bisognasse levarsi il cappello per una forma di rispetto. Anche in questa foto i soggetti sono quasi tutti seri. Michele Pagano, il nonno di mia nonna, è il secondo da destra sulla prima fila dall’alto. Sul retro di questa foto è presente un timbro con scritto “fotografia ministeriale” ma mia nonna non sa che cosa indica.

Sulla storia della scuola in Italia, a partire da questi anni, ho trovato due video interessanti che ricostruiscono il contesto di questa e delle foto seguenti

La quarta foto, risale agli stessi anni della precedente ma è molto diversa.

Classe femminile, Pagani 1895-96

Innanzitutto si tratta di una classe femminile, molto meno numerosa. L’unica informazione che mia nonna ha di questa foto è che la prima ragazza da destra è la sorella di suo nonno. In questa foto le ragazzine hanno una faccia seria, quasi triste e indossano tutte dei lunghi vestiti con delle gonne.

Nonostante questa foto fosse scattata negli stessi anni e nello stesso paese, sul retro non c’è il timbro presente su quella di prima, il che potrebbe dipendere dal fatto che questa era una classe femminile mentre l’altra era una classe maschile. Negli anni successivi all’Unità di Italia si pose il problema dello sviluppo del sistema dell’istruzione, ma il ruolo delle donne fu a lungo marginale.

Classe 1917-18

La quarta foto risale all’anno scolastico 1917-18, in piena prima guerra mondiale. In questa foto è rappresentata la classe della mia bisnonna e anche un’altra classe della sua scuola che era stata unita alla sua poiché in quegli anni, durante la prima guerra mondiale, le classi erano molto poco numerose, infatti ci sono due maestre. Mia nonna ricorda che sua madre le raccontava che in quegli anni, non solo c’era la guerra, ma anche l’epidemia della Spagnola  e che, in particolare, suo padre si ammalò e quando guarì, si offrì di prestare aiuto ai malati, poiché lui era immune. Questa foto è stata conservata molto gelosamente dalla mia bisnonna perché ricordava con molto affetto sia la sua maestra, sia la compagna alla sua destra che era migliore amica. La teneva esposta in camera sua. Oggi mia nonna la conserva nella sua camera da letto.

La quinta foto è sempre di una classe, in questo caso dell’anno scolastico 1952-1953 ed è della classe di mia nonna.

Classe, 1952-53

Questa foto è stata scattata davanti alla scuola elementare a Pagani, in provincia di Salerno, costruita durante il ventennio fascista (1922-1943). Mia nonna è quella in piedi vicino alla maestra.

In questa foto la cosa che ho notato subito è che tutte le bambine hanno la divisa che non mi sembra abbiano invece gli alunni nelle foto precedenti, nonostante la scuola prima avesse regole più rigide rispetto a quella di questi anni. Mia nonna si ricorda in particolare di una bambina che andava sempre a scuola senza grembiule e che anche quel giorno “così importante”, non aveva cambiato abitudine e lei era molto infastidita per questo.

 Questa foto fu duplicata e una copia fu mandata alla proprietaria di una casa di vacanza che la mia bisnonna affittava a Maiori, come ricordo di mia nonna, visto che la sua famiglia era rimasta molto legata a lei.

La sesta foto è sempre della classe di mia nonna ma di qualche anno dopo (1954-55).

Classe, 1954-55

Mia nonna è la prima bambina in piedi da sinistra, nella seconda fila dal basso. Anche in questa foto le bambine sono quasi tutte serie ad eccezione di alcune che sorridono.

Mia nonna si ricorda che lei era molto contenta di fare questa foto e soprattutto era felice perché la bambina dietro di lei era molto sua amica e lei la ricorda particolarmente perché era figlia di profughi istriani che furono cacciati dall’Istria quando questa fu tolta all’Italia e annessa alla Jugoslavia, nel 1947, insieme alla città di Zara in Dalmazia, Fiume e le isole di Cherso e Lussino, Lagosta e Pelagosa.

L’ottava foto è ancora una volta una fotografia scolastica ma questa volta del fratello di mia nonna, il mio pro zio Michele che è il terzo bambino della seconda fila dal basso.

Classe, 1949-50

In questa foto i bambini indossano tutti un grembiule  e sono seri ad eccezione proprio del mio pro zio che è l’unico sorridente.  L’espressione del maestro è talmente seria che sembra essersi incantato a guardare qualcosa vicino alla fotocamera

Dopo aver osservato e “analizzato” queste foto e soprattutto dopo aver parlato con mia nonna, ho cominciato ad avere una percezione diversa della fotografia. Questo perché, vedendo le foto antiche e tutti gli atteggiamenti seri che si avevano in esse, ho capito quanto realmente fossero considerate importanti, al contrario di ora che sono ritenute molto meno significative e vengono scattate con tale frequenza da non poter essere conservate tutte come si faceva una volta. Questo secondo me è un aspetto negativo dell’evoluzione della fotografia perché le foto costituiscono dei ricordi importantissimi nella nostra vita e se non vengono conservate in appositi album, potrebbero essere perse da un momento all’altro. 

Ho infine fotografato le macchine fotografiche che abbiamo in casa affiancandole, in due casi, con foto che hanno scattato

Questa foto è stata scattata durante una vacanza estiva

In questa foto è raffigurata mia nonna materna, quando aveva un anno e ha in mano la custodia della macchina fotografica ICAF modello delta .Questa foto è conservata da mia nonna a casa sua. È esposta in una cornice, su una cassettiera che si trova in salone.

La persona raffigurata nella foto è mia madre sul suo girello, nel giardino della casa delle vacanze di mia nonna a Ravello. Questa foto è stata conservata da mia nonna in un album fotografico. Mia nonna si ricorda che poco dopo che questa foto venne scattata, mia mamma cominciò a scappare sul girello per evitare di mangiare e lei dovette inseguirla per tutto il giardino.