Bambole, di Isabella De Luca e Alessia Raganati

Siamo compagne di classe ed entrambe, cercando un tema per le nostre narrazioni, dopo aver scartato diverse idee, siamo state attratte dalle bambole. In questo caso quindi le foto le abbiamo scattate noi e ci è sembrato che le bambole raccontassero di come il tempo ha trasformato i gusti, le preferenze e anche i modi di giocare dei bambini.

Isabella

Quando ero alla ricerca di un’idea per la mia narrazione, subito ho pensato a mia nonna Geny, il diminutivo di Genoveffa, che oggi ha 80 anni.

Nonna Geny, Napoli 2020

Le ho raccontato di questo progetto e lei ne è stata entusiasta. Quando sono andata a casa sua mi portava da una stanza all’altra e mi proponeva ogni secondo un oggetto. Alla fine, arrivammo nella stanza che era stata di mia madre da piccola e la nonna mi disse che c’erano anche tanti giocattoli che erano stati suoi e che poi aveva riposti lì.

Stavamo frugando tra i cassetti quando ho visto una mensola su cui era appoggiata una bambola di porcellana e, incuriosita, ho chiesto a mia nonna informazioni. Mi ha raccontato che è una bambola vecchia di porcellana; le era stata regalata quando era piccolina e proveniva dal Polo Nord.

Bambola, anni ’50 ca.

Purtroppo la nonna non ricorda chi fosse stato in quel luogo lontano e le avesse portato in dono questa curiosa bambolina. Lei ci giocava sempre inventando storie, soprattutto le piacevano quelle romantiche, oppure faceva finta che fosse un neonato e se ne prendeva cura.

Questa bambola indossa abito e cappello interamente di pelliccia grigia, ha una faccia rosa con occhi di vetro marroni quasi neri, bocca e naso piccoli, ciglia tutte unite.  L’abito si compone di pantaloni, da cui sbucano le gambe ricoperte da calze grigie, e di una giacca. Sotto la pelliccia si intravede un corpetto argentato; in vita, porta una cintura. Le scarpette marroni, che simulano la pelle di animale, sono chiuse da un laccetto verde scuro. È evidente che questa bambolina indossa gli abiti delle popolazioni artiche, gli Inuit

Bambina Inuit, dal web

Alessia

Cercavo tra gli oggetti di famiglia quando mi sono ricordata che mia nonna paterna, Luciana, nel suo armadio ha una bambola di porcellana. Nonna Luciana mi ha raccontato che questa bambola gliela regalò mio nonno Bruno nel 1958. Stanno insieme da 65 anni!

Nonna Luciana e nonno Bruno in uno scatto del 2020 e in uno del 1958

Questi due scatti, uno recentissimo in primo piano a mezzo busto, l’altro proprio del 1958 a figura intera su uno sfondo panoramico, testimoniano il loro legame felice e duraturo

Bambola, 1958

Quando vado a casa di mia nonna lei la prende sempre dal suo armadio questa bambola e me la fa vedere.

Mia nonna mi ha raccontato che mio nonno gliela regalò per l’Epifania e, visto che stava ancora all’università ed aveva pochi soldi perché non lavorava, le fece questo regalo. Quindi questa bambola non era un gioco per una bambina, ma rappresentava un gesto affettivo tra fidanzati: roba di altri tempi! Nonna Luciana l’ha conservata ed esposta su di una mensola in camera sua perché le piace molto e le ricorda del suo amore con il nonno. Ha una faccia molto carina con occhi verdi dalle ciglia lunghissime. Sulle unghie ha lo smalto ed ha dei vestitini molto belli e mi viene da pensare siano fatti a mano.

La bambola a quei tempi diceva “mamma” però adesso è rotta e non lo dice più, Infatti, come si può notare, ha una crepa sulla fronte perché tanti anni fa cadde. Ho scoperto che la storia delle bambole è antichissima ma la prima bambola parlante fu realizzata da Edison ed aveva una voce che spaventava i bambini.

Proprio dalla metà degli anni ’50 la produzione delle bambole italiane fa grandi passi in avanti, utilizzando materiali plastici e acquisendo funzioni diverse tra cui il parlare. La bambola della nonna aveva un interruttore, altre avevano un piccolo disco che si inseriva nel corpicino e si attivava producendo i suoni.

L’auto che passione, di Matteo Polverino

Zia Zia Zia Marisa, Napoli 1955

La foto che ho scelto è stata scattata nel 1955 e raffigura la zia di mia mamma, zia Marisa Rigo, (nata il 21 aprile 1937 a Napoli e deceduta il 27 agosto 2010 a Sorrento) a bordo della nuova auto di suo marito, Nino Mormone (nato il 22 novembre 1938). L’auto, in primo piano, occupa tutta l’inquadratura e la portiera aperta lascia vedere lo spazio dell’abitacolo in cui, ben centrata, sul sedile, appare la zia sorridente ed evidentemente soddisfatta. Ho scelto questa foto perché mi ha incuriosito il fatto che evidentemente ai tempi le auto erano rare ed erano un segno di ricchezza; quindi era normale farsi una foto a bordo di questi veicoli.

Allora mi sono chiesto: “come mai il marito della zia di mia madre possedesse un’auto?”. Ho scoperto che Nino Mormone era il proprietario di una grande azienda di autoricambi di Sorrento che era conosciuto sia lì sia a Napoli.

Ho scoperto anche però che, proprio tra gli anni ’50 e ’60 del 1900, per l’Italia si apriva il periodo che gli storici chiamano del boom economico: in quegli anni gli italiani cominciarono ad assaporare il benessere e possedere un’auto divenne simbolo della propria posizione economica e sociale.

L’auto in questione dovrebbe una Fiat 500 Topolino che nacque già nel 1936 con l’idea di creare un’auto utilitaria. La sua evoluzione negli anni, come si può vedere da questo video , porterà nel 1957 alla nuova Fiat 500.

La zia quindi aveva ben ragione a farsi ritrarre orgogliosa dell’auto di famiglia!

Doveva essere però anche una passione la sua per le auto perché pure in quest’ultima foto si fece fotografare, forse lo stesso giorno a giudicare dagli abiti che indossa, a bordo di un’altra auto che mi pare dello stesso modello ma non quella della foto precedente ( ha il finestrino posteriore e i sedili sono diversi)

Qui sbuca fuori soddisfatta dal tettuccio apribile dell’auto mentre la sua amica guarda sorridente verso l’obiettivo.

Oggetti misteriosi, di Lucio Cannone

Girando un po’ in casa di mia nonna, mi sono imbattuto in questo oggetto appeso al muro. Così ho chiesto a mia nonna cosa fosse…

Stazione metereologica da appartamento, anni ’70

Sono venuto a sapere che è una stazione meteo regalata ai miei nonni per il loro matrimonio da un ingegnere amico di mio nonno.

La stazione meteo è degli anni 70’ ed è di origine tedesca: misura la percentuale di umidità e la temperatura ambientale. Rileva se è prevista tempesta, pioggia, bel tempo o gran secco. Le previsioni del tempo hanno una storia antica

Ma a che serve una stazione metereologica in casa? Ho trovato informazioni a questo link: serve a seguire le variazioni atmosferiche per chi ha questi interessi.

Quella dei miei nonni la possiamo definire “vintage” perché riprende le forme che questi strumenti avevano tra ‘800 e ‘900 ed è una versione da arredo. Infatti venne regalata agli sposi per la loro futura casa.

La differenza tra la stazione meteo casalinga dei miei nonni e quelle moderne è abissale. Dopo qualche ricerca su internet, sono giunto alla conclusione che la versione moderna nella maggior parte dei casi è oramai digitale e non è da muro ma da tavolo e non ha quindi lancette. Funziona anche da orologio

Certamente sarà tecnologicamente avanzata e di più semplice consultazione ma quella antica ha un fascino diverso!

Napoli al tempo del Covid-19, marzo-aprile 2020, Valeria De Laurentiis

Una insegnante “documenta” una giornata … ed è poesia… [ndr]

Musica: Brian Eno, An ending, 1983 (a questo link, attivare mentre si “sfogliano” le slide).

Per una migliore visualizzazione si consiglia di cliccare sulla prima immagine, dopo avere avviato la musica, quindi di scorrere le altre con le freccette.

 

 

Sguardi e … storie di donne. Le riflessioni di Antonietta Gioia

Sono Antonietta Gioia e per il secondo anno partecipo al progetto Sguardi e Storie.

Nell’anno scolastico precedente ho lavorato con due classi (la II A e la III A) e mi sono presentata così (link alla presentazione).

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Nell’anno scolastico 2019/20 ho partecipato quindi per la seconda annualità a Sguardi e Storie con la classe III sez. A, sebbene la scuola S.M.S. Viale delle Acacie abbia avviato questa interessante iniziativa già dall’a.s. 2017/2018.

Le finalità sono state le stesse degli anni precedenti: diffondere l’uso delle fonti audiovisive e fotografiche per la scoperta della storia, degli immaginari storici, delle modalità di rappresentazione della storia nel cinema e nella fotografia e imparare a cimentarsi con il loro uso e riuso creativo in nuove narrazioni. Quest’anno il progetto è stato realizzato in autonomia, dopo la formazione svolta con Letizia Cortini negli anni precedenti (si vedano i Diari di lavoro degli scorsi anni scolastici).

Con la classe III A sono state rilette le fonti e rivisto il materiale pubblicato sul sito Sguardi e storie con il fine di comprendere come, a partire dall’inquadratura, e dagli altri elementi del linguaggio specifico audio-visivo, sia possibile affrontare l’analisi e la descrizione, decodificandole e contestualizzandole, delle fotografie di famiglia, che ci rimandano a un mondo lontano, quello dei nonni e dei propri genitori.

Proprio grazie alla ricerca e all’esame delle foto degli album di famiglia i ragazzi hanno potuto scoprire intrecci di storie familiari, a loro per lo più sconosciuti, venendo a conoscenza, tra l’altro, di avvenimenti e figure famigliari, che hanno supportato e reso loro più concreta la storia studiata sui libri di scuola. Pian piano, gli studenti hanno compreso quanto lo studio della storia sia importante, anche perché grazie ad essa forse si è più in grado di capire “chi siamo, cosa vogliamo e dove vogliamo andare”, con l’auspicio, o la speranza mai perduta, che sia possibile fare tesoro degli errori del passato.

L’uso della fotografia nello studio della storia è determinante per le generazioni attuali e per le future, perché essa svolge un ruolo cardine nella rappresentazione, nel ricordo e nella testimonianza di un evento, di un fenomeno, della storia di una persona e di una famiglia… E’ una fonte fondamentale, parte integrante della cultura (di elité e popolare) e del costume.

Quest’anno, ai ragazzi ho pensato di proporre il tema “La  donna e le trasformazioni sociali  e culturali attraverso le foto di famiglia”. Sono emerse storie di donne che, seppure apparentemente semplici e non scevre da stereotipi e da certe mentalità, hanno però contribuito al cambiamento più generale del ruolo delle donne nella società contemporanea, ancor prima di arrivare alla consapevolezza personale di questo stesso cambiamento.

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Le espressioni usate dai ragazzi per descrivere le qualità, le attitudini, ispirate loro dai ritratti delle nonne, madri, bisnonne, sono spesso state: “dolcezza e determinazione”, “semplicità e amore per le proprie origini”, “essere più che apparire”, “tenacia accompagnata al sorriso”, “fantasia e collaborazione”. Espressioni che hanno connotato i loro racconti delle trasformazioni a cui le donne e gli uomini della propria famiglia sono stati sottoposti, sottolineando l’impegno che le donne di ieri e di oggi abbiano dovuto e debbano dimostrare nel lavoro, di come il dolore non le abbia fatte soccombere e mai abbattere, anzi le abbia aiutate a ritrovare la forza per andare avanti. Non ultimo, il racconto dell’amore per i viaggi di molte donne. Per i ragazzi, al di là di alcuni ritratti agiografici, sono stati tanti gli insegnamenti che queste donne hanno potuto trasmettere loro, ai nipoti, e tante le proposte di lettura che gli alunni hanno suggerito nel presentare il materiale fotografico di famiglia.

Ringrazio Letizia Cortini per avermi sostenuta e supportata a distanza, per l’aiuto nella pubblicazione dei lavori degli alunni. Ringrazio i ragazzi della III A che hanno tutti partecipato al progetto, aiutandosi vicendevolmente, direi anche con affetto in questo momento di crescita.

Ecco il link ai loro lavori! Buona lettura :).

Nonna Giovanna, la semplicità di essere donna, di Giulia Giardino

Rovistando nel cassetto dei ricordi di mia nonna Giovanna, insieme a papà Umberto, ho trovato delle foto in cui lei è ritratta in giovane età.

Nonna nasce a Napoli, in una famiglia semplice, è la seconda di cinque figli. Mi ha sempre raccontato delle differenze tra l’epoca che viviamo oggi e la sua. Mi diceva della sua infanzia vissuta in modo semplice e sereno, delle sue estati a Ischia e della sua storia d’amore con nonno.

Lei era una casalinga, ma ha cambiato tante città per seguire nonno Gianni, maresciallo dei carabinieri. Alla fine si stabilirono in Sicilia.

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Nonna in questa fotografia aveva circa vent’anni e da lì a poco si sarebbe sposata con nonno. Papà mi ha raccontato che quando fu scattata questa foto, nonna Gianna stava attraversando un brutto periodo familiare che con l’amore di nonno è riuscita a superare. Nonna, in questa foto rappresenta con il suo sorriso tutto ciò che ha sempre insegnato a me e mia sorella: affrontare le difficoltà con il sorriso, il senso della famiglia  e  l’unione familiare.

Gli anni in cui è vissuta nonna sono stati anni importanti per la donna: anni di conquista di diversi diritti, tra cui il voto nel 1946. Successivamente ci fu la nascita dei primi gruppi femministi, con le lotte per la parità dei sessi in ogni settore, soprattutto nel lavoro.

Anche la moda in quegli anni, dopo la seconda guerra mondiale e soprattutto dopo il 1968, acquisisce un ruolo importante, si passa dalla minigonna ai pantaloni a zampa, dalle scarpe basse alle zeppe, dai pantaloni a vita alta a quelli a vita bassa.

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Questa è una bella fotografia di scorcio e dall’alto, che ritrae la nonna in piano americano. Mia nonna mi raccontava sempre che una delle sue grandi passioni era il cucito e di conseguenza la moda. Insieme alle sue sorelle, anche loro brave nel cucito, si confezionavano da sole i vestiti, come il vestito nella foto. Pur essendo, come già detto in precedenza, una donna molto semplice, la sua passione per il cucito l’ha portata a lavorare, per pochissimo tempo, in un grande magazzino di moda.

Gli anni ‘60 furono caratterizzati dal cosiddetto boom economico. Mi raccontava sempre che non poteva uscire quando voleva con il nonno e se le davano il permesso doveva essere accompagnata da uno dei fratelli più grandi. Si dovevano fare prima le faccende di casa e tutti i compiti per poi poter uscire. Adesso invece è tutto più facile, abbiamo libertà di decidere quello che vogliamo fare, cosa che prima non esisteva proprio. Nonna mi diceva sempre che prima la famiglia e l’educazione erano i valori più importanti. Inoltre diceva sempre che non è stato facile vivere nella sua epoca,  ma non avrebbe mai fatto cambio con la nostra. Le poche volte che nonna aveva l’opportunità di uscire con nonno, loro andavano nei bar o locali a ballare lo «swing», che imperversava  in quegli anni.

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Questa foto riprende nonna seduta su uno scoglio a Ischia con mio padre in braccio. Dietro fa capolino mia zia. Nonna portava un costume intero e una fascia nei capelli. La foto è stata scattata nell’estate del 1973, da mio nonno. Per nonna, Ischia aveva un significato importante, oltre a raccontarci che qui aveva l’opportunità di stare con la sua famiglia al completo (all’epoca lei viveva in Sicilia), il motivo principale per il quale questa località significava tanto per lei. Nell’isola partenopea nonno le aveva fatto la proposta di matrimonio.

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Questa foto ritrae la famiglia Giardino composta da nonno Gianni, nonna Gianna, papà e le sue due sorelle, Anna e Assunta.

Fu scattata in Sicilia, precisamente a San Vito lo Capo dove mia nonna viveva in un appartamento della caserma dei carabinieri. Mi raccontava che faceva da chioccia anche a tutti i carabinieri giovani che collaboravano con mio nonno. Preparava lauti pranzi per tutti. Mi diceva che in questa regione aveva imparato a cucinare molto bene e specialmente i dolci tipici della località ad esempio i cannoli e la cassata.

 

Il sorriso delle donne, di Chiara Avitabile, III A

Quest’anno ho deciso di raccontare la storia di una donna, in particolare della mia famiglia, mia nonna paterna, Ersilia Nobler, nata a Napoli il 26 giugno del 1946.

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Mia nonna era la quinta di cinque figlie, le belle ragazze e bambine, ritratte nella foto in alto. Ersilia é la bambina al centro della foto, dietro di lei c’è sua sorella Anna , alla sua destra Vittoria, alla sua sinistra Alba ed Elena; mia nonna e Alba hanno 15 anni di differenza.

Le cinque sorelle nell’estate del 1948 si recavano al mare a Napoli precisamente a Coroglio , un luogo molto comune di villeggiatura per la famiglia dell’epoca.

Possiamo inoltre notare i costumi interi a volte sostituiti con salopette allo stesso tempo coprenti, perché la donna nel periodo del dopoguerra non poteva indossare ancora i bikini.

Siamo subito dopo la fine della seconda guerra mondiale caratterizzato ancora da uno scenario incerto anche se con enormi speranze e progetti di ricostruzione economico-sociale.

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In questa foto mia nonna è la seconda bambina da sinistra nella fila in alto. Ersilia frequentava la 5 elementare alla scuola “Gaspare Stampa” a Via Pontenuovo a Napoli, una traversa di Via Doria.

La foto è stata scattata da un fotografo della scuola nel 1956, quando ancora le classi erano divise in maschi e femmine e possiamo anche notare che la maestra era una donna.

Le bambine indossavano un grembiule nero con i colletti bianchi e avevano i calzini corti.

Il periodo storico, dopo la guerra, negli anni cinquanta, è certamente più florido da un punto di vista economico e sociale; erano ormi superati i periodi bui del secondo dopoguerra grazie all’incremento dell’occupazione e dei consumi.

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Questa foto è stata scattata da un fotografo professionista in uno studio fotografico a Napoli, in via Toledo, all’interno della funicolare centrale. Era il 1964 e mia nonna aveva 18 anni e un gran bel sorriso, come da ragazzina.

Lei e una sua amica del Liceo, una certa Rossana, decisero di farsi ritrarre da un fotografo professionista per regalare le fotografie ai rispettivi fidanzati dell’epoca, che poi divennero i loro mariti.

Ersilia era sorridente, anche negli occhi, spensierata con una collana di perle ed un abito elegante indossato per l’occasione.

Anche in tale periodo storico si assiste ad una forte ricrescita economica del paese e i giovani, come mia nonna, avevano, a differenza dei propri genitori, frequentato le scuole, le associazioni anche politiche, e grazie ai primi mezzi di informazione, i cosiddetti mass media, erano costantemente aggiornati sulle attività politiche e sociali italiane e degli altri paesi.

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In questa foto era l’anno 1964 e mia nonna Ersilia si trovava nella villa comunale a Napoli e si stava baciando con il suo fidanzato che poi sposò nel 1968 e con il quale è stata sposata per 50 anni: mio nonno Franco!

Questa foto fu scattata da uno sconosciuto. E’ proprio bella…

Poiché mia nonna aveva 18 anni e a quei tempi era un po’ scandaloso baciarsi in pubblico, suo padre appena vide questa foto la strappò (è visibile il taglio centrale nella fotografia poi ricostruita da mia nonna).

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Tuttavia Ersilia riuscì a recuperarla riattaccandola con lo scotch, ed oggi la conserva ancora gelosamente.

Nella fotografia che segue mia nonna Ersilia era su un traghetto per la Sardegna, aveva circa trent’anni ed era partita per una settimana al mare con mio nonno ed altre coppie di amici tra cui i consuoceri (i nonni dei miei cugini), ma senza figli.

fotografia all. 6

I miei nonni lasciavano spesso, quando partivano, i figli, mio padre e i suoi fratelli, a Roma dalla cognata di mia nonna, da una zia di mio nonno oppure ad una delle sue quattro sorelle.

Era all’incirca la fine degli anni settanta, un periodo non certamente di espansione economica come  il decennio precedente, comunque  caratterizzato da un rilevante cambiamento dei costumi e dalla modernizzazione della società civile. Sono gli anni della introduzione della legge sul divorzio e, in seguito, dell’aborto: anni di grandi trasformazioni e rivendicazioni sociali per le donne, per la società di allora, ma anche  per le generazioni a venire.