Alessandra Ottato

Ho trovato, negli album di famiglia, alcune foto di mia nonna materna, Alessandra Boccieri, da alunna e poi da insegnante.

Questa foto è datata maggio 1947. La nonna è la quarta da sinistra, in prima fila. E’ stata scattata a Nola, nella Sala Vescovile, in occasione di un importante saggio di fine anno di pianoforte, lo strumento suonato dalla nonna. Al centro c’è l’insegnante. Mi ha raccontato che era molto emozionata perché si esibiva in pubblico per la prima volta.

In questo bellissimo ritratto al pianoforte, la nonna era diventata insegnante. Era il maggio del 1963 .

Mia nonna mi racconta che stava preparando dei bambini di una scuola elementare di Saviano,in provincia di Napoli per un saggio di fine anno.Lei suonava il pianoforte ed anche se dopo il saggio era molto stanca,era felice del successo che avevano ottenuto.Infatti la direttrice didattica,le inseganti,i genitori dei bambini e gli alunni era rimasti molto contenti.

In questa foto di classe del maggio 1974, la nonna è con i suoi alunni della Scuola media statale Ferdinando Russo di Pianura, Napoli. Insegnava educazione musicale.

Mia nonna ricorda il lungo viaggio che faceva con l’autobus n 113 dell’Atan n.113 ( che non passava mai ), con le infinite fermate, interruzioni e scioperi. Gli alunni erano bravi ragazzi,  semplici,  non sempre molto volenterosi ma molto affettuosi e sinceri. Mia nonna è stata entusiasta di rispondere alle mie domande; si è sentita importante e nei suoi occhi ho visto come una scintilla che si illuminava.

Infine ho trovato una foto scolastica di mia madre, Monica Maiella.

E’ datata febbraio 1973 ed è stata scattata in occasione del carnevale; infatti tutti i bimbi sono in maschera e mia madre è la prima, in prima fila, partendo da destra. Mi ha raccontato che era felice perché aveva un abito di carnevale da ballerina; lo adorava ed era stato comprato in un negozio di nome Peter Pan che ormai non esiste più. Mia mamma era molto felice di travestirsi e giocare con i suoi compagni e nel pomeriggio si mangiavano le chiacchiere con il sanguinaccio. Frequentava la scuola materna D’Angelo a Napoli.

Il carnevale di mia mamma negli anni ottanta, di Margherita Russo

Come in molte altre parti del mondo, anche a Napoli i bambini si travestono a Carnevale. È molto divertente camminare per le vie della città durante la settimana di Carnevale ed osservare i travestimenti dei bambini. Per procurarsi un costume di carnevale al giorno d’oggi, adulti e bambini, possono contare sui modelli in vendita nei negozi, oppure online.

Comperare un costume già fatto, esclude totalmente l’originalità personale e mamma mi racconta che da piccolina, in occasione del carnevale, andava a rovistare negli armadi, nei vecchi bauli della nonna o in soffitta alla ricerca di vecchi indumenti che accendessero la sua creatività. Negli anni ’80 non esistevano i cellulari e qualsiasi foto veniva scattata con le macchine fotografiche. Ce ne erano di tutti i tipi, grandi e piccine, ma nelle occasioni particolari come compleanni, comunioni, Natale e Carnevale… mio nonno amava utilizzare la sua vecchia reflex, che custodiva gelosamente nella sua custodia originale.

Ecco alcuni esempi di ritratti fotografici della mia mamma, nel corso della sua gioventù:

Figura 1 Mamma vestita da pecorella

mamma Maria Pia  vestita da pecorella

In questa fotografia, scattata nel 1986 sul terrazzo di mia nonna a San Sebastiano al Vesuvio, è rappresentata mia madre vestita da pecorella. Il vestito fu fatto da una cara amica di mia nonna, sia per mia madre sia per i miei zii. Sullo sfondo si possono notare delle piante grasse in grossi vasi, che mia nonna tuttora adora e più indietro si intravede il fusto di un grande Pino, tipico albero delle zone vesuviane. Mia madre in questo scatto, a figura intera, è particolarmente felice, in quanto ha sempre amato gli animali e il vestitino da pecorella le piaceva molto.

Figura 2 mamma vestita da Biancaneve

mamma Maria Pia  vestita da Biancaneve

Questa immagine, mamma versione Biancaneve, è stata inserita perché rappresenta un personaggio di una fiaba, a me molto caro. Qui mia madre si trova nel salone della villa di mia nonna nel 1987. Ad ogni carnevale c’era l’abitudine di scattare una foto ricordo da mostrare in futuro ai propri figli. Dalla fotografia si evidenzia lo stile classico dell’arredamento della casa. Tanti anni fa ogni casa aveva un salone di rappresentanza, che difficilmente veniva usato tutti i giorni, ma solo in occasioni particolari. Era spesso arricchito con oggetti in argento, vasi preziosi e quadri molto grandi.

Figura 3 Mamma vestita da Lady Oscar

mamma  Maria Pia vestita da Lady Oscar

Nella terza ed ultima foto c’è sempre mia madre, questa volta vestita da Lady Oscar, anche se pensavo fosse uno dei tre moschettieri. Era il 1988 e si trovava sempre sul terrazzo di mia nonna. Da bambina mia madre amava di più i vestiti maschili, invece dei soliti abiti da principessa o damigella. Il vestito era molto ben fatto e pieno di particolari. Oggi sarebbe facilissimo trovarlo già fatto, ma all’epoca per fabbricare un vestito del genere si andava alla ricerca di avanzi di stoffa o pezzi presi da vecchi costumi in disuso. C’era una grande partecipazione da parte di tutti i membri della famiglia e la cosa che mia madre e mia nonna mi dicono sempre è che all’epoca quasi tutte le ragazze e le bambine sapevano cucire. In alcune scuole c’era addirittura l’ora di cucito, per insegnare alle ragazze a saper mettere i bottoni o semplicemente aggiustare piccoli strappi.

Tuttora a casa di mia nonna c’è una vecchia macchina da cucire molto antica e pesante, che quando è chiusa sembra un mobiletto, ma una volta aperta si trasforma in un vero e proprio pezzo d’epoca.

Guardare queste foto, ci riporta indietro di qualche anno; comprendiamo quanta fantasia e collaborazione domestica le donne dovevano esprimere nel realizzare a Carnevale abiti, costumi che erano espressioni di un mondo che cambiava ed avrebbe continuato a trasformarsi grazie all’impegno e tenacia delle stesse nel fare gruppo e nel darsi una mano.

 

Mia nonna, “La signora marchesa”, di Vittoria Violante, III E

Non mi sarei mai aspettata di ritrovarmi in questa situazione.

Come ogni anno, il giorno del compleanno di mio nonno, tutta la famiglia si è riunita per un grande pranzo, fino a quando non è arrivato il “momento dei ricordi”. Mi spiego meglio. In questa particolare fase dei festeggiamenti mio nonno recupera alcune fotografie speciali, un po’ rovinate e in bianco e nero, appartenenti al passato: stavolta ha voluto ricordare la nonna. Mai avrei immaginato che il recupero della memoria mi avrebbe poi spinta a raccontarvi la storia di mia nonna paterna, Rosalia Ruggi d’Aragona.

Ricevimento a casa Rispoli, Corso Vittorio Emanuele, Napoli, 1924-1925

Nella foto di gruppo, tratta da un album fotografico, possiamo ammirare un ricevimento in maschera a casa Rispoli, la famiglia materna di mia nonna, cioè la dimora del mio trisavolo Francesco Rispoli, situata a Napoli, in Corso Vittorio Emanuele. Mia nonna non vi appare, probabilmente perché all’epoca troppo piccola. La ripresa fotografica può infatti collocarsi nella prima metà degli anni ’20 del secolo scorso e, per quanto sfocata, consente di intuire un contesto sontuoso, con le pareti ed il soffitto affrescato e illuminazione affidata ad eleganti appliquesi. La famiglia, infatti, apparteneva all’alta borghesia napoletana. Il capostipite, ingegnere, era titolare di un’importante impresa di costruzioni e si occupava di grandi opere, come quella della ristrutturazione del Teatro San Carlo.

Rosalia nacque a Napoli -il 2 luglio 1921 ed è venuta a mancare il 23 dicembre 2013, il giorno del mio ottavo onomastico – da Emma Rispoli ed Enrico Ruggi d’Aragona. Mia nonna per esaudire una promessa fatta a suo padre – il quale, attesa l’assenza di discendenti maschi, non voleva che il proprio ramo familiare perdesse la memoria delle proprie origini – nel 2006 ottenne che i propri figli potessero affiancare a quello paterno il cognome nobiliare Ruggi d’Aragona. È proprio per questa promessa che io oggi porto il cognome “Violante Ruggi d’Aragona”.

La famiglia Ruggi ha origini antichissime. Probabilmente il cognome è derivato dal Rouge bretone o normanno o, forse, da un Roux longobardo. Ciò che è certo è la presenza alle origini dell’albero genealogico familiare di un latinizzato Rugius. Lo stemma originale, talvolta raffigura un leone dorato in banda argentea in uno scudo rosso. È plausibile che si tratti di conquistatori arrivati nel Mezzogiorno d’Italia, che seppero stringere, quali nobili di spada, rapporti con le diverse dinastie, che si succedettero nel governo del territorio. Esistono due rami della famiglia, quello originario di Salerno e uno napoletano, sebbene la questione sia un po’ controversa.

Stemma originale della famiglia Ruggi d’Aragona

A partire dal 1522 la famiglia, che si era distinta nella difesa di Rodi durante l’assalto ottomano, acquisì per concessione dei sovrani di Spagna il titolo di d’Aragona e la legittimazione ad inserire nel proprio stemma i pali gialli e rossi del casato aragonese.

Stemma della famiglia Ruggi d’Aragona dopo il 1522

Inoltre, sembra che i rapporti con il ceppo originario non dovettero mai cessare.

La Repubblica Napoletana del 1799 costituì un evento sconvolgente : alcuni esponenti che vi aderirono pagarono poi con la vita e la privazione del titolo nobiliare questa scelta: altri assunsero una posizione più ambigua, mentre altri ancora rimasero fedeli ai Borbone. Questo episodio glorioso e triste della città di Napoli è raccontato da un famoso romanzo di Enzo Striano, Il resto di niente, da cui sono tratte queste scene di un film molto bello della regista napoletana Antonietta De Lillo.

In quei drammatici eventi si ebbe una frattura interna alla famiglia, che rese i legami molto più confusi, in particolare quelli con il ramo partenopeo, che maggiormente si era esposto. Il ramo napoletano, a cui appartengo, solo dopo l’Unità d’Italia ha ottenuto la riabilitazione, alla stregua di “martiri”, degli avvocati Antonio e Ferdinando che erano coinvolti nella Repubblica Napoletana e la restituzione del titolo di “d’Aragona”.

Nel corso dell’Ottocento l’antica residenza familiare salernitana venne inoltre donata al Comune di Salerno. Tale edificio poi divenne un ospedale, che ancora oggi porta il nome di “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona”.

È quindi da una unione tra aristocrazia di derivazione feudale e ricca borghesia cittadina che nacque mia nonna, la cui madre aveva seguito – cosa rarissima per l’epoca – il percorso di studi fino al conseguimento del diploma di scuola media superiore, nonostante il padre le avesse, poi, proibito di impegnarsi nel mondo del lavoro, perché convinto che il lavoro non fosse adatto a una ragazza di buona famiglia.

Emma Rispoli, Studio fotografico Marvuglia, Napoli 1905-1910

Nella foto in bianco e nero è ritratta, in primo piano, la madre di mia nonna, Emma Rispoli. La fotografia fu scattata a Napoli dal fotografo Marvuglia, in via Roma 305. Mi colpisce l’eleganza della cornice con disegni in rilevo a tema floreale.

Ricevimento in casa Rispoli, Via Tarantino, Napoli 1936 (cm 16,5 x 23)

Questa foto, scattata nell’appartamento vomerese di famiglia, risale a quando mia nonna aveva circa quindici anni (1936), sempre in occasione di una festa di Carnevale, come possiamo notare dall’abbigliamento dei presenti. Il contesto è sicuramente meno sontuoso, avendo la famiglia subito nel frattempo notevoli rovesci finanziari. Le persone riconoscibili in questa foto sono solo tre: la mia pro-zia, Vittoria; la sorella di mia nonna, Maria; mia nonna (la ragazza il cui volto, purtroppo, è scarsamente visibile in alto a destra). L’atmosfera che traspare da questa immagine è leggera e gioiosa, come ci si aspetta in una festa in maschera.

Posso, inoltre, aggiungere che nella fotografia sono presenti solo donne, fatta eccezione per un uomo in piedi sulla destra.

Ciò che caratterizza questa fotografia rispetto alla precedente, è che nonostante le vicissitudini, cui ho fatto riferimento, la famiglia non avesse abbandonato le proprie consuetudini. La foto assume più il carattere del “ricordo” personale”, che non quello di rappresentazione di un “evento”.

Come sua madre, anche mia nonna ebbe presto ambizioni culturali e lavorative non comuni in quel periodo per una donna. Infatti Rosalia, dopo aver preso la maturità classica, ottenne di frequentare l’Università, arrivando a conseguire, nel pieno degli eventi bellici, la laurea in lettere che le aprì, poi, le porte del mondo del lavoro in un’epoca in cui ancora limitatissimi erano gli sbocchi consentiti alle donne. A soli 22 anni, cominciò ad insegnare Lettere classiche in una scuola di Sapri, nel 1943 quando dopo lo sbarco degli alleati in Sicilia, fu chiamata per un incarico di pochi mesi. In questo video dell’istituto Luce sono registrati diversi momenti dell’evento che diede inizio alla liberazione del nostro paese.


La lunga carriera di Rosalia l’ha vista in cattedra fino all’età di 67 anni. In verità, mia nonna avrebbe, addirittura, voluto iscriversi a medicina, ma suo padre si oppose fermamente, convinto che il lavoro di medico non si addicesse ad una donna.

Primo piano Rosalia, Napoli, 1941. (cm 8,3 x 13)

Questa foto, in bianco e nero (scattata nel 1941 circa), è un primo piano di mia nonna, all’epoca ventenne, che, in una posa suggerita dal fotografo, guarda verso l’obiettivo della macchina fotografica. Osservandola ho potuto constatare la forte rassomiglianza di mia nonna sia con mia sorella, Alessandra, che con mia zia Piera, mentre nello sguardo ritengo di poter riconoscere alcuni tratti di mio padre Giancarlo.

In occasione delle quattro giornate di Napoli (27 settembre-30 settembre 1943), la nonna diede un importante aiuto ai partigiani. Difatti insieme ad una parente si dedicò alla raccolta ed al trasporto presso il liceo Sannazaro – dove i partigiani stabilirono la loro “base” – di bende e quanto necessario per la cura dei feriti nei combattimenti.

Fu durante questi avvenimenti che Rosalia conobbe Aedo Violante (Napoli 1925-2019), suo futuro sposo. In questo video ci sono interessanti testimonianze di chi ha partecipato alle quattro giornate.

Foto di classe, Liceo Classico Garibaldi, Napoli, 1958-1962 ( cm 12,9 x 17,7)

Come già raccontavo, la nonna era un’insegnante: lei amava insegnare e formare altre giovani menti per indirizzarle verso il proprio futuro. Questa foto, in bianco e nero, venne scattata a Napoli, probabilmente nel liceo classico Garibaldi, tra il 1958 e il 1962 a giudicare dalle acconciature super cotonate e dal modo di vestirsi. Mia nonna è, ovviamente, la donna adulta con il soprabito seduta tra le alunne (una classe evidentemente di sole donne); tutte indossavano, come si usava all’epoca, anche negli istituti superiori, il grembiule.

Dopo aver insegnato per diversi anni al Garibaldi, mia nonna ha insegnato anche al liceo scientifico di Fuorigrotta, per poi chiudere la sua carriera al liceo classico Jacopo Sannazaro.

Quello che mi sembra più opportuno sottolineare è che ancora oggi numerosi ex allievi ne parlano con devozione e rispetto. In particolare una allieva, a sua volta insegnante, poco prima che mia nonna morisse, le inviò, attraverso mia zia, anche lei insegnante, un brillante elaborato scritto da una sua studentessa, dicendo di riferirle “vorrei sapesse che se oggi c’è una studentessa che scrive in questo modo è perché io sono riuscita a trasferirle, a mia volta, solo in minima parte ciò che lei mi ha insegnato”.

Credo perciò che mia nonna abbia contribuito, a suo modo ed in un’epoca in cui molti lavori – quale ad es. quello di magistrato – erano preclusi alle donne, a dimostrare nei fatti la piena parità tra donne ed uomini.

Aedo e Rosalia, Napoli, 2012

Ecco qui invece una foto a colori più recente di mia nonna, insieme a suo marito, Silio Italico Aedo (a sua volta protagonista di una vita intensa, caratterizzata dal riconoscimento del titolo di Commendatore della Repubblica, per meriti partigiani, ma questa è un’altra storia), scattata nel 2012 a casa di mia zia, l’autrice dello scatto. Mio nonno e mia nonna guardano l’obiettivo sorridenti, mentre stringono tra le mani un bicchiere di champagne, molto probabilmente in occasione di una festa di compleanno.

Mia nonna inoltre, già anziana, ha recitato assieme ad Ennio Fantastichini , nel ruolo della “Signora Marchesa”, in un corto del regista Pappi Corsicato, prodotto dal pastificio Garofalo, dal titolo “Questioni di gusto”. Ho scelto questo video ridotto in cui mia nonna compare nelle ultime scene.

Ed è così che si conclude il nostro breve, ma intenso viaggio nella vita di una donna intelligente e diversa da molte altre sue coetanee, appunto un’eccezione.

La mia famiglia racconta anche la storia della fotografia, di Mario Miale, III D

L’origine della fotografia è incerta, infatti già Leonardo Da Vinci sperimentava un modo per imprimere la luce sulla carta. La nascita si attribuisce però a degli inventori e artisti soprattutto francesi, che tra gli anni venti e trenta dell’Ottocento per la prima volta riuscirono a produrre e a fissare una foto. Pur avendo questa invenzione subito successo si affermò in modo industriale dai primi anni del Novecento. Dalle origini a oggi ci sono stati tantissimi mutamenti fino a farla diventare come la conosciamo, ovvero digitale. La sua storia può essere raccontata parallelamente a quella di tante famiglie che negli anni hanno conservato molte fotografie come la mia.

Fino al 1930-40 la fotografia era per la maggior parte delle famiglie un pregiato oggetto di memoria, forse di lusso, tanto che pochi potevano permettersela. Inoltre era in molti casi considerata più come una forma d’arte che un modo per imprimere per sempre un ricordo.

Nel 1941 il mio bisnonno Tanino (abbreviazione di Gaetano) era prigioniero di guerra degli inglesi nel campo n.313 a Tripoli (Libia).

tripoli_1941.jpg

Questa foto forse non è stata scattata da un fotografo professionista, ma grazie all’uso della macchina fotografica portatile, che si diffuse dagli anni trenta soprattutto (probabilmente una Leica 3c che era molto impiegata nei campi della Seconda Guerra Mondiale).

tripoli_1941_2

Sul retro di queste due foto (trovate in un album), entrambe alla gelatina ai sali d’argento, ci sono dei testi, dei messaggi che Tanino mandava alla sua famiglia per rassicurarli che presto l’avrebbero salvato e che non si dovevano preoccupare per lui.

In questa foto sul foglio che Tanino regge in mano c’è scritto molto molto in piccolo “canta che ti passa” che era una canzone che i prigionieri cantavano per alleviare la nostalgia di casa. Oltre a questa foto in un raccoglitore ho trovato anche diverse lettere che Tanino mandava alla sua famiglia in una c’è scritto:

Cara mamma vi comunico che mi trovo prigioniero e siete tutti tranquilli che godo ottima salute, e così mi auguro di voi tutti, tra qualche giorno avremo busta e foglio e vi scrivo a lungo, non siete in mio pensiero, rispondetemi subito e spesso che sono due mesi e mezzo che non ho vostre notizie e sono molto in pensiero, daresti tanti abbracci e baci a Giovanna e alla cara Lidia, vi abbraccio e vi bacio vostro figlio Tanino.

napoli_1947

Nonno Tanino con la moglie Giovanna a Napoli, nel 1947, 8×13 cm

Ed eccolo qui insieme a Giovanna, la moglie, con la quale presto avrebbe avuto 3 figli tra cui mia nonna Emilia. Notiamo come la fotografia in generale dell’epoca nonostante fosse agevolata dalle nuove macchine fotografiche abbia mantenuto un carattere molto poetico e artistico e comunque un certo costo.

napoli_1948

Nonna Emilia, Napoli 1948, 13×8 cm Studio F.lli Colombia

 

Qui vediamo mia nonna a soli 6 mesi poco prima di Natale avvolta in una splendida pelliccia bianca. Questa foto è stata scattata e sviluppata dai F.lli Colombia nel 1948. Anche in questa fotografia traspare ancora un elemento artistico, sia nell’eleganza della foto stessa sia in alcuni particolari che la rendono molto raffinata.

 

 

 

 

 

 

 

napoli_1957

Giovanna e Tanino, in basso da sinistra Enzo, Emilia (mia nonna) e Aniello, Napoli 1957, 13x8cm

In questa fotografia invece vediamo la famiglia di nonna Emilia al completo, insieme ai suoi due fratelli Enzo e Aniello. già qui si vede che il tipo di foto cambia, è sempre molto elegante, ma sembra perdere la vena poetica che prima era molto più presente. Almeno, questa è la mia percezione. Certamente dipende sempre da chi fotografa, come ci è stato spiegato, e dal suo punto di vista.

napoli_1956

Napoli 1956 9×13 cm

Qui c’è mia nonna (sulla sinistra) a 8 anni a scuola. La foto è stata probabilmente scattata dal fotografo della scuola. Sulla destra c’è invece la sua insegnante di matematica e una sua compagna di classe. Io penso che in questa foto si sia quasi completante dissolto il carattere artistico. Mi sembra una fotografia scattata per ricordo, che rivela un contenuto importante come documento storico, mostrandoci la scuola di allora.

napoli_1958

Napoli 1958, 9x6cm

In quest’altra fotografia sempre raffigurante mia nonna però si ritorna un po’ di più al vecchio stile di fotografia con qualche variante moderna. La foto è stata scattata il giorno della comunione di Emilia quando aveva 10 anni. in seguito alla cerimonia in chiesa c’è stata una festicciola in casa con gli amici e i parenti più stretti.

napoli_1953

Napoli 1953, 13×8 cm

Adesso passiamo a mio nonno Gigi, nato nel 1947 a Napoli, ultimo di 7 figli (in ordine decrescente d’età: Giuseppe, Anna, Severina, Antonietta, Ciro, Vincenzo, Luigi cioè mio nonno). In questa foto lo vediamo a 5 anni nel periodo di carnevale. Secondo me in questa fotografia c’è un carattere molto più moderno e simile a quello di oggi.

napoli_1960

Napoli 1960, 18x12cm

Qui vediamo mio nonno in sella ad una motocicletta a 14 anni, come possiamo notare il tipo di fotografia è molto diverso e moderno, si vede che si sta evolvendo in pochissimo tempo grazie anche a nuove tecnologie che rendevano molto più facile ed economico scattare una foto. Ma credo che ad evolversi, fossero contemporaneamente la società e i suoi costumi. I miei nonni si sono fidanzati e poi sposati nel 1973. Hanno avuto due figlie (mia mamma e mia zia) e dopo pochi anni si sono trasferiti a Torino per lavoro. Infatti mio nonno aveva vinto un concorso al politecnico di Torino e all’inizio si trasferì solo lui, dopo poco tempo però tutta la famiglia lo raggiunse.

torino 1979 (2)

Paola a destra e Carmen (mia zia) a sinistra, Torino 1979 9×13 cm, foto a colori deteriorata con degrado sul rosso

torino_1979

Mamma, Torino 1979 9×13 cm, foto a colori deteriorata con degrado sul rosso

Queste foto sono state scattata 3 anni dopo il trasferimento a Torino. Mia mamma Paola aveva proprio 3 anni e mia zia Carmen ne aveva 5. In queste foto la tecnica cambia infatti come si può notare sono a colori, anche se degradate, con la predominante in rosso. Insieme alla tecnica spesso cambia anche il modo di scattare una fotografia ma in questi casi notiamo come il tipo di inquadratura sia sempre un campo medio o una figura intera.

torino 1979

Mia zia a destra e mia mamma a sinistra, Torino 1979, 18×8 cm

Rimanevano ancora fotografie in bianco e nero come questa, scattata nello stesso anno delle precedenti. In questi anni inoltre la fotografia stava assumendo sempre di più un ruolo casual: infatti le fotografie si scattavano ovunque e in ogni momento e non per forza in situazioni importanti o rare come capitava in passato.

Nel 1981 mia mamma insieme alla sua famiglia si ritrasferisce a Napoli dove frequenta l’ultimo anno di elementari al Ponticelli, per poi frequentare la Nicolardi come medie, e il Vico come superiori. All’università si iscrive alla facoltà di lettere della Federico II nel ’94 e nel ’95-’96 conosce mio padre Ivan che allora aveva 31 anni. Ed è proprio in questi anni che la fotografia subisce un importantissimo cambiamento che modificherà per sempre il modo di fare foto. Nasce infatti la prima macchina fotografica digitale che salva automaticamente la foto non più su un rullino ma su una memoria in silicone. È l’inizio della fotografia digitale come la conosciamo oggi.

napoli_1997

Ivan e Paola, Napoli, Camaldoli 1997, fotografia digitale

Da questo momento ho trovato tantissime foto negli album, negli scatoli, e ciò dimostra come la fotografia stesse mutando e diventando sempre più comune. Questo è causato anche dall’immissione in commercio di nuove macchine fotografiche sempre più leggere, comode, ed economiche.

ischia_2006

Ischia 2006, 8×13 cm, stampa da fotografia digitale

Il 19 marzo 2006 nasco io e dopo 5 anni mio fratello Niccolò. In questo periodo la macchina fotografica (anche quella digitale) sparisce quasi del tutto sostituita dai cellulari, che inoltre permettevano in tempo reale di condividere le foto. Da questo momento la fotografia assume un ruolo social con la nascita di Facebook (02/2004) e Instagram. La foto diventa un strumento di comunicazione e di condivisione, un sistema per raccontare la propria vita quotidiana confrontandolo con quello degli altri.

arles_2016

Autoritratto, il sottoscritto in vacanza ad Arles, nel 2016

Sempre in questi anni nasce il selfie, l’autoritratto, un tipo di foto soprattutto in primo piano, dove soggetto e fotografo coincidono, questo dimostra come la fotografia nel suo secolo e mezzo circa di vita sia cambiata in meglio grazie a molte comodità ed evoluzioni tecnologiche, ma anche in peggio: negli anni infatti si è persa forse quell’eleganza e raffinatezza che la caratterizzava in origine quando era usata da pochi fotografi, professionisti e artisti.

III E – Storia di mia mamma. Dalla Polonia all’Italia, di Claudia Austero

Mia madre, Danuta Tomanska, è nata in Polonia nel 1981, da Bozena Malewicz e Jòzef Tomanski.

Bozena, mia nonna, è nata il 18 aprile 1944 nella Polonia Grande.

RCA

UN primissimo piano di Bozena Malewicz, mia nonna materna

 

La Polonia Grande e la Polonia Piccola.

Jòzef, mio nonno, invece è nato il 19 settembre del 1935 nella Polonia piccola.

RCA

Jòzef Tomanski, mio nonno materno

Jòzef lasciò Wara, il suo paesino di origine per andare a lavorare in miniera a Watbreych, dove incontrò Bozena che lavorava in una fabbrica di tessuti. Quando si sono conosciuti avevano il primo trent’anni e la seconda venti anni.

A causa della malattia del padre, il mio bisnonno, Jòzef fu costretto a ritornare nella città di Wara con Bozena.

Lì trovarono lavoro lui come muratore e lei come bidella in una scuola. misero da parte i soldi per comprare una casa. Quando Bozena aveva ventidue anni nacque il primo figlio, Mirko, e la loro casa era pronta.

Dopo vennero al mondo altri sette figli:  Beata, Riccardo, Grazyna, Anna, Danuta, Marcello, Lidia.

RCA

A Wara, Jòzef comprò terreni per coltivare farro, tabacco, patate, fragole, barbabietole.

Danuta, mia mamma, litigava spesso con fratelli e sorelle ma tra loro c’era molto amore.

Frequentava con buoni risultati la scuola e aveva compagni di classe a cui è rimasta legata ancora oggi. Al ritorno dalla scuola  andava a lavorare nei campi con la madre.

La mia famiglia è cattolica. Nella foto, mia madre durante la prima comunione, con alcune amiche.

RCA

Danuta, quando aveva tempo libero si rilassava con numerosi giochi all’aperto: nascondino, lanciarsi in avventure nei boschi oppure d’inverno con pattini e slitte. Faceva parte di un gruppo di amici che si riuniva per vivere nuove esperienze.

In Polonia, quando mia madre era piccola si mangiavano minestre di tutti i tipi. Per il pranzo di Natale, Bozena preparava: primo piatto a base di pesce, tortellini fatti in casa, “gotobki”( foglie di verza farcite con riso, carne e funghi), biscotti natalizi e tanti dolci.

Per la cena di Natale, a tavola erano sempre in diciotto e si stava in buona compagnia.

A quindici anni, Danuta frequentò la scuola alberghiera che si chiamava Skota Budowlana.

In quel periodo lavorava anche come barista. Dopo tre anni conseguì il diploma di maturità. Mentre lavorava al bar penso di cercare lavoro in Italia perché la situazione economica in Polonia era molto difficile.

Ho trovato un documento della Caritas sul web che spiega la storia economica e dell’emigrazione polacca in Italia. Napoli è la seconda città italiana, dopo Roma, ad accogliere il maggior numero di polacchi. Ecco il documento in pdf.

In questa pagina web c’è invece una storia della Polonia dalla fine della Seconda Guerra Mondiale agli anni novanta del Novecento.

Sul sito dell’archivio Luce e sul canale YouTube ho trovato molti cinegiornale soprattutto dagli anni trenta agli anni sessanta del Novecento che rappresentano eventi, personaggi, storie della Polonia e del suo rapporto con altri paesi, Germania e Italia in particolare. Si possono vedere a partire da questa pagina che ho trovato, cercando “Polonia” (ecco il link).

Mi ha colpito un servizio della Incom che fa vedere una mostra organizzata nel 1961 insieme all’Italia sulla storia del Risorgimento in entrambi i paesi.

Riprendo il mio racconto. Mia madre nel 2000 arrivò a Napoli. Nella foto, mia madre è ritratta durante una gita; purtroppo il giorno successivo a questo scatto seppe della morte di Bozena, sua madre.

RCA

In Italia Danuta trovò lavoro come collaboratrice domestica. Dopo tre mesi tornò in Polonia ma poi venne di nuovo in Italia, trovò come babysitter e si stabilì al Vomero. In seguito cambiò ancora lavoro e conobbe, nel 2003, mio padre, Alberigo Austero.

Dopo un anno nacqui io, nel 2004.

RCA

Avevo nove mesi quando andai per la prima volta in Polonia, ma purtroppo mia nonna non c’era più perché era morta di infarto a soli cinquantacinque anni.

Nel 2009 è nato mio fratello.

RCA

Nel 2015 anche mio nonno Jòzef morì per diverse malattie. Mia madre tornò in Polonia.

Ho una foto, in cui mio fratello ed io siamo mascherati per la festa di Halloween: per la prima volta eravamo senza mia madre.

Ora mia mamma è tornata e siamo nuovamente tutti insieme a Napoli.

III M – I cambiamenti delle tradizioni negli anni, di Vittoria Scognamiglio

Sfogliando le varie foto del passato quella che ha attirato molto la mia attenzione è stata una foto di un Natale a casa di mia nonna, quando le aveva all’incirca la mia età. Siamo negli anni sessanta.

RVS

Natale ai tempi di mia nonna, Napoli 25 dicembre 1965, 15×20 cm, conservata in una scatola a casa di nonna. Mia nonna è la ragazzina in basso a sinistra; a destra i miei bisnonni e in alto a sinistra un cugino della nonna

Ho notato che pur non essendoci il lusso che c’è oggi, c’era un grande calore familiare e un grande rispetto delle tradizioni. Tutti erano soliti ogni anno farsi una foto attorno all’albero, per rendere omaggio a una festività così importante come il Natale. Questa foto è una polaroid Kodak un po’ sbiadita.

Mia nonna mi racconta che era molto felice perché erano i primi anni che oltre al presepe aveva anche l’albero e a quel tempo era quasi considerato un lusso.

Oggi ci sono meno foto di alberi semplici e sempre meno sono le foto che ritraggono la famiglia riunita. Sono invece molto fotografati alberi sempre più scintillanti, con tante decorazioni e con attorno tantissimi regali, ma senza persone.

RVS

L’albero di Natale a casa mia, dicembre 2016, file digitale, custodita all’interno del mio cellulare

Tutto ciò purtroppo significa che forse oggi si da più spesso importanza alle cose materiali, dimenticando spesso i veri valori della vita.

Mia nonna mi dice che il Natale ai suoi tempi non era, come oggi, una festività dove prevaleva il consumismo. Infatti lei mi racconta che non trovava regali sotto l’albero, solo qualche capo di abbigliamento nuovo da dover indossare durante i giorni di festa. Anche il pranzo di Natale non era affatto così vario come quello di ora, prima si limitava solo ad alcune pietanze tipiche di quei giorni, che non si cucinavano durante il resto dell’anno.

RVS

Un mio ritratto in occasione del mio primo Natale, con il bel vestitino di velluto rosso, fotografia di mamma e papà a casa di nonna, 25 dicembre 2005

 

 

 

I bambini d’oggi invece trovano giocattoli di ogni specie sotto l’albero ed anche le tavole sono super imbandite, con varietà di cibi che la maggior parte delle volte non consumiamo neanche.

 

 

 

 

 

Come per il Natale anche il Carnevale nel corso degli anni ha subito tante trasformazioni: mia mamma infatti è ritratta in una foto con un vestito tipico carnevalesco, il Pierrot, una antica maschera francese che racchiude una grande storia d’amore non corrisposta.

RVS

Mia mamma Flora Boscato mascherata da Pierrot, Carnevale 1983, realizzata in uno studio fotografico a Napoli, 23×17 cm, conservata da mia mamma in una scatola

Ecco come questa maschera appare triste, invece guardando le mie foto e quelle di mia sorella, che è ancora più piccola di me, ho visto che negli anni le maschere hanno lasciato il posto ad abiti molto carini ma senza una storia dietro,  sicuramente molto più belli per le nostre generazioni.

A questo link potrete vedere la mia raccolta di immagini che ne include qualcuna in più rispetto al racconto.

 

 

III F – Feste e cerimonie in famiglia, di Andrea Caimano

In questa foto è raffigurata la prima comunione di mia cugina Mirella: il festeggiamento è nel giardino di mia nonna; di fianco a lei c’è il fratello, mio cugino Andrea.
La foto è stata scattata da mia zia Rosaria.
caimano1

Di seguito ci sono i miei due zii, Luigi e Rosaria, in primo piano, nel giorno del matrimonio della cugina di Luigi. La foto è stata scattata il 15 marzo 1985.

caimano2

caimano3

In questa foto c’è mia nonna Antonia che, invitata alla festa di matrimonio di un suo amico, chiacchiera con alcuni altri ospiti. Siamo negli anni novanta del Novecento.

 

Nella prossima immagine tutti i miei parenti sono riuniti per festeggiare il compleanno della mia bisnonna, che nel 1980, anno nella quale è stata scattata la foto, compiva 90 anni. Riconosco, tra gli altri, mia nonna Antonia e mio nonno Mario.

caimano4

Carnevale 1968. Tra i miei parenti vi sono mio zio Luigi, travestito da Superman; di fianco a lui c’è sua cugina Emanuela e in basso, dietro alla bambina vestita da pirata, c’è mia madre Gabriella.

caimano5

Carnevale 1968

Come miei parenti vi sono mio zio Luigi, travestito da Superman; di fianco a lui c’è sua cugina Emanuela e in basso, dietro alla bambina vestita da pirata, c’è mia madre Gabriella.

caimano6

 

Nel 1971, mia madre, travestita da olandesina viene fotografata insieme ad una sua cugina, Maura.

 

 

 

 

Nel 1962, mio zio Luigi festeggia il suo quarto compleanno con la cugina Emanuela ed il cugino Filiberto. caimano7